Thronebreaker: The Witcher Tales, un po' gioco di ruolo, un po' gioco di carte – Recensione
Thronebreaker: The Witcher Tales, è uno spin-off del Gwent che racconta la storia della Regina Meve di Lyria e Rivia: la recensione
Da single player a card game, e ritorno, potremmo dire parafrasando il titolo del libro scritto da Bilbo Baggins. Thronebreaker: The Witcher Tales è infatti un’avventura vera e propria, uno spin-off standalone ambientato nell’universo di The Witcher, in particolare con richiami al terzo episodio, che mescola dinamiche gestionali e ruolistiche e risolve gli scontri attraverso una rivisitazione molto brillante delle dinamiche di Gwent. Nonostante una pur minima conoscenza delle regole del gioco di carte possa aiutarvi, in realtà Thronebreaker fa di tutto per non spiazzare nessun tipo di giocatore.
[caption id="attachment_190468" align="aligncenter" width="1920"] La storia è raccontata attraverso intermezzi da avventura testuale (doppiati in italiano), con le illustrazioni che richiamano lo stile delle carte[/caption]
Nei primissimi momenti di gioco bisogna sfuggire ad una frana. L’obiettivo della partita è quindi quello di distruggere tutte delle carte che rappresentano la frana, che di turno in turno si sposteranno nelle file, fino a causare il game over, nel caso coprano tutto il campo. In questo caso le carte sono limitate, e la partita diventa praticamente un puzzle game in cui è necessario fare le mosse giuste, al momento giusto, per non perdere. Sono tanti i modificatori che compariranno nel corso dell’avventura, di tutti i tipi immaginabili, ma tutti legati alle regole del Gwent che vengono solamente rivisitate, e non stravolte.
La particolarità è che la storia che regge Thronebreaker è infatti più solida, se vogliamo, meno malleabile di quanto solitamente succede in un gioco di ruolo classico. Meve, la regina guerriera dei regni gemelli di Lyria e Rivia (esatto, proprio la patria di un noto strigo…) è un personaggio che viene subito delineato a livello caratteriale, è una protagonista dotata di una propria tempra morale, di un rigido codice etico e, in generale, di una psicologia che il giocatore non può modificare pesantemente. Non c’è quindi la possibilità di comportarsi da buoni o malvagi (confine che già nella lore di The Witcher è per sua natura molto labile), ma solo di fare delle scelte che al massimo influiscono sul metodo di risoluzione di una situazione, ma difficilmente sul finale.
[caption id="attachment_190469" align="aligncenter" width="1920"] In Thronebreaker ci saranno situazioni molto più movimentate di una normale partita di Gwent[/caption]
La bellezza del racconto sta nei dialoghi, in quel tipo di dinamiche e situazioni che hanno reso la narrazione di Sapkwoski prima, e di CD Projekt RED dopo, così celebri. Un racconto spigoloso, a tratti cavalleresco ed a tratti brutale, con personaggi dai tratti molto realistici, con luci ed ombre che raramente mostrano quegli stereotipi dell’epica fantasy. La stessa Meve non cade mai nell’archetipo trito e ritrito della regina guerriera, quel tipo di donna che fa il maschiaccio perché deve essere forte, ma è un personaggio molto interessante da scoprire nel corso dell’intera avventura che, a seconda di quanto vogliate esplorare o godervi nella difficoltà massima, può portarvi via facilmente più di venti ore abbondanti.
Thronebreaker è infatti anche un gioco estremamente impegnativo se giocato a difficoltà massima. Un livello di sfida che consigliamo prettamente a chi ha familiarità (anzi, una certa padronanza) con il Gwent. Al livello di sfida massimo è necessario mettere mano al mazzo, pesare ogni mossa effettuata (soprattutto nelle citate sezioni puzzle) e in generale prepararsi a ripetere uno scontro anche numerose volte.
Thronebreaker si è rivelato un esperimento ottimo, anche grazie a delle piccole digressioni di natura gestionale che richiedono di gestire risorse come oro, legname e numero di soldati. Difendersi dai guerrafondai di Nilfgaard richiede infatti di investire risorse per potenziare l’accampamento, che tra le altre cose permetterà di poter realizzare delle nuove carte, sempre con le stesse risorse. Alcuni cittadini vi chiederanno aiuto, oppure potreste decidere di inviare delle truppe ad ispezionare una zona nella quale spariscono delle persone, e così via. In tutto ciò, se l’idea di giocare ad un GDR nel quale le regole di un gioco di carte la fanno da padrona non vi entusiasma, la bellezza del racconto potrebbe non essere abbastanza perché, per forza di cose, c’è un certo fattore di ripetitività nel gameplay. Per gli amanti del Gwent si tratta di una digressione molto brillante in termini narrativi e ludici, che peraltro vi garantirà di sbloccare delle carte esclusive da poter utilizzare nel gioco originale.