Three Kilometers to the End of the World, la recensione | Cannes 77
Ha quello che serve per essere un buon film Three Kilometers to the End of the World, ma sceglie il lato meno interessante della sua storia
La recensione di Three Kilometers to the End of the World, il film di Emanuel Parvu, presentato in concorso al festival di Cannes
Il problema qui è la mobilità. Il protagonista, diciassettenne, in un’estate nel paesino di campagna dei suoi genitori viene picchiato brutalmente in seguito a un approccio omosessuale. Si sa chi sia stato, un uomo a cui il padre deve dei soldi, e subito viene proposto di mettere a tacere tutto per saldare il debito, ma il problema è un altro. I genitori del protagonista scoprono ora che lui è gay e la cosa è ben più grave e comporterà rimedi terribili a cui il protagonista non può fuggire perché da quel paese non si può andare via se non in barca, e all’unica a disposizione sono state levate le candele del motore. La parte interessante è quanto Parvu e la sceneggiatrice Miruna Beresco sembrino conoscere e odiare visceralmente le dinamiche provinciali, e come sappiano rappresentare in pieno l’incrocio tra voglia di mettere a tacere, profonda vergogna e arretratezza.
Il capo della polizia vuole insabbiare, il padre degli assalitori pure e il padre del ragazzo si vergogna molto quindi gli va bene tutto. Nessuno chiede giustizia, “per la felicità di tutti” è meglio dimenticare. Ed è un peccato allora che il film non esplori il momento migliore, quando tutto arriva all’apice e la donna mandata a indagare, unica in mezzo a uomini, potente perché ha la legge dalla sua, forte della conoscenza delle procedure e del diritto, determinata a trovare le prove per dimostrare una verità che ha già capito, combatte sul loro terreno. Three Kilometers to the End of the World però è un altro film, come detto gli interessano i genitori e i figli, la madre apprensiva che fa cose terribili convinta sia la cosa migliore per il figlio, e il padre violento e ignorante che in un finale (molto bello) lo fa andare via, costretto a un ritiro religioso, sapendo di non meritare da lui un saluto ma nondimeno, con un minuscolo gesto, dimostrando di desiderarlo tantissimo.