Thor: Ragnarok, la recensione del film

Abbiamo recensito per voi il terzo capitolo della saga cinematografica dedicata a Thor dai Marvel Studios

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Thor: Ragnarok è un film coraggioso, ben congegnato, che ci ha emozionati in alcuni momenti. Se avete pensato dal trailer che sarebbe stato spettacolare, che sarebbe stato divertente, avevate ragione. Così come siete tutt'altro che nel torto a pensare, se lo avete pensato, che ci sia un sostanziale cambiamento di passo rispetto ai precedenti capitoli della saga cinematografica del Dio del Tuono. Perché Thor: Ragnarok è una parodia, sostanzialmente.

Tanti, proprio all'indomani dell'uscita del trailer del film, avevano parlato di un film che sarebbe somigliato a una specie di Guardiani della Galassia Vol. 3 e noi, che avevamo dato ascolto solo a metà, ci siamo trovati nel torto. Taika Waititi dimostra un notevole coraggio ad ammettere che i Marvel Studios non sono mai davvero riusciti a cogliere la giusta atmosfera nei film dedicati al Principe di Asgard. Invece di invertire la direzione rispetto a The Dark World, considerato abbastanza universalmente troppo leggero e scanzonato per essere convincente, spinge fortissimo sul pedale della comicità; fin dalla primissima scena, quando il confronto tra Thor e uno dei personaggi che noi amanti dei suoi fumetti abbiamo imparato a considerare come la minaccia per eccellenza ci comunica in maniera ineccepibile quale sarà il tono della narrazione.

Da lì in poi, Thor farà quel che può per dar vita alla sua migliore imitazione di Jack Burton, il protagonista di Grosso Guaio a Chinatown, leggendario film di John Carpenter degli anni Ottanta. Citato persino in un momento della colonna sonora, tra l'altro. Come nell'avventura che vedeva il vecchio Jack e i suoi amici affrontare il malvagio Lo Pen, anche qui l'eroe è sbruffone e imbranato, le spara grosse a ogni piè sospinto, fa un sacco di figure da fesso ed è spesso meno adeguato alla bisogna rispetto ai suoi alleati, mentre tenta di impedire che Asgard sia sostanzialmente distrutta da Hela, Dea della Morte norrena. Aggiungeteci un cambiamento di prospettiva, che distanzia la terra degli Aesir da quell'aura ancora a metà tra mistica e fantascientifica che la permeava nei primi due capitoli, e avete un'avventura spaziale coi fiocchi.

L'umorismo è proprio quello a cui ci hanno abituato i Guardiani, come pure le dinamiche di gruppo che vediamo sullo schermo. Quattro personaggi, sperduti nello spazio e a proprio modo tutti quanti sconfitti dalla vita, collaborano per uno scopo comune e per salvare il popolo asgardiano. Il tema della redenzione, il cammino di Thor per diventare (o tornare ad essere) l'eroe che tutti pensano che sia e che ha sempre voluto essere, il percorso del soldato ormai cinico verso la riscoperta della propria natura sono tutti argomenti comuni con l'altra saga spaziale della Casa delle Idee. Così come l'atteggiamento parodistico che accompagna tutto quanto il film. Ne sono al riparo soltanto la minacciosa Hela di Cate Blanchett, che funziona piuttosto bene, ma non ha tempo sullo schermo a sufficienza per rimanere impressa, e Odino, sempre solido nell'interpretazione di Anthony Hopkins.

Valchiria è un buon personaggio di contorno, se mai ne abbiamo visto uno, mentre si risolvono in maniera interessante le trame aperte di Loki e di Hulk. Il secondo, soprattutto, protagonista dei momenti migliori e più divertenti del film, anche perché è proprio con la sua entrata in scena che la pellicola cambia passo e diventa interessante, dopo un esordio piuttosto fiacco che non vedevamo l'ora trovasse conclusione. Già, perché oltre ad essere sostanzialmente una resa della Marvel alla propria incapacità di trovare la voce di Thor, Ragnarok è anche un film che, almeno nell'adattamento italiano, incespica in maniera vistosa nel tentare di divertire tramite la parodia. Non sempre funziona a dovere e la prima parte è la più macchinosa e meno riuscita. Walt Simonson sarà d'accordo con noi, scommettiamo.

Paga quindi o no, la scelta di Waititi di spingere verso la parodia? A tratti. E questo non basta. Almeno non se ci si aspettava qualcosa di diverso, se si sperava che l'epica trovasse casa in maniera più convinta in una vicenda che per molti necessitava proprio di un respiro mitologico più forte. Decidere coraggiosamente di virare poteva essere un'idea vincente e forse lo sarà, al botteghino. Ma non ci ha comprati fino in fondo. Thor: Ragnarok è un film con dei buoni momenti, con alcune idee interessanti, con un'estetica coloratissima e azione ben girata e congegnata. A volte, ci ha anche sinceramente emozionati. Ma, come diceva il professor Giovanni Turchetta durante una vecchia lezione di Teoria della Letteratura, tanti anni fa: "Achille non dovrebbe farsi il bidè". Waititi ha spogliato il Dio del Tuono dell'epica, con il risultato di lasciarlo troppo nudo.

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