Thor #1, la recensione

Una misteriosa figura femminile reclama Mjolnir, ma il vecchio Thor è tutt'altro che fuori gioco. Jason Aaron pone le basi di una nuova grande saga

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Giunge anche in Italia l’annunciata rivoluzione di Thor... “in rosa”. La vicenda è ormai nota, ma riprendiamo per sommi capi le fila di questa nuova saga asgardiana: preceduto dall’ampio battage pubblicitario che accompagna sempre gli eventi di questo tipo, Jason Aaron ha optato per un drastico cambio della guardia: a brandire il mistico martello Mjolnir e quindi a detenere i poteri di dio del tuono non è più il Thor figlio di Odino che tutti conosciamo, bensì una misteriosa, possente e taciturna figura femminile la cui identità “pre-Thor” resta avvolta nel mistero (negli USA la rivelazione è avvenuta proprio in questi giorni, ma questa è un’altra storia). A porre le basi del “passaggio di martello”, gli eventi di Original Sin, in cui uno scatenato Nick Fury, forte dei molti segreti strappati al defunto Osservatore, ha sussurrato all’orecchio di Thor qualcosa di sufficiente a renderlo “indegno”, incapace di sollevare il martello incantato e quindi rendendo di fatto vacante il ruolo di dio del tuono norreno e, soprattutto, di protettore di Midgard.

Curioso (ma di certo tutt’altro che casuale) che il cambio della guardia di Thor vada a completare una riscrittura che coinvolge tutti gli Avengers classici: a Thor figlio di Odino si avvicenda la nuova Thor, Falcon prende il posto di Steve Rogers come Capitan America e Iron Man... beh, lì la questione è più complicata, ma quando mai Tony Stark non lo è?

Una scelta interessante e coraggiosa che premia la volontà di esplorare binari creativi inediti proprio in un momento in cui sarebbe facile adagiarsi sugli allori che la popolarità dei corrispettivi cinematografici regala ai personaggi Marvel e puntare su volti e trame tradizionali e rassicuranti. Così non è, e già in questo la scelta narrativa di Aaron è da premiare.

Detto questo, chi scrive deve confessare che nell’udire la prima volta l’avvicendamento di “una” Thor al posto di “un” Thor aveva temuto il peggio, probabilmente a seguito dei numerosi e poco felici esperimenti analoghi che hanno spesso movimentato le testate supereroistiche nei tempi più recenti. Soltanto per restare in ambito asgardiano, lo stesso Loki aveva vissuto un lungo periodo in fattezze femminili, e negli angoli più lontani dai riflettori dell’Universo Marvel avevamo fatto la conoscenza con una “Punitrice”, Rachel Cole-Alves, e una Ghost Rider, Alejandra Blaze (e da qualche parte si aggira anche una “Sinistra” di qui prima o poi qualcuno dovrà rendere conto all’umanità). Salvo qualche rara, ispirata eccezione, sono tutte figure che hanno avuto vita breve e poco successo, non fosse altro perché raramente sono riuscite a brillare di vita propria, ma hanno puntato semplicemente a proporre una “variante sul tema” del personaggio che le precedeva. I precedenti, insomma, erano sufficienti a giustificare qualche timore.

Venendo al caso in questione, per essere il numero del suo esordio, la nuova Thor è cospicuamente assente dalla scena: farà la sua entrata solo nell’ultima tavola del fumetto, quando, pronunciando le parole “deve sempre esserci un Thor” riuscirà a fare quello che non solo il suo predecessore non riusciva a fare, ma che ora pare essere perfino fuori della portata dello stesso Odino: reclamare per sé il martello e “proclamarsi degno” (anzi, “degna”) del potere del tuono.

Ma se la saga della nuova Thor è soltanto al suo primo passo, il resto di Asgard non sta a guardare. E questo è l’altra scelta vincente fatta da Aaron nell’avviare le vicende di questo nuovo ciclo narrativo: in situazioni analoghe, la venuta della nuova eroina coincideva spesso con l’uscita di scena del suo predecessore, cosa che comprensibilmente finiva per inimicare alla nuova arrivata una nuova fetta del pubblico e degli appassionati tradizionali. Non è così in questo caso, e molte sono i fili della trama intessuti in parallelo alla venuta della nuova Thor. Il primo, e il più importante, è soprattutto quello che riguarda il “vecchio” Thor: l’Odinson non esce di scena, e anzi è forse ora una figura più interessante e intrigante da seguire, nella sua determinazione a combattere in difesa di Midgard nonostante sia privo dei suoi poteri principali e sia considerato (o si consideri?) “indegno": un Thor fallace e imperfetto che promette di avere ancora molto da dire.

Proseguono anche le vicende che coinvolgono gli altri asgardiani, e anche da questo punto di vista non può essere un caso che l’altro conflitto principale è quello che coinvolge Odino e Frigga, vecchio reggente e nuova reggente di Asgard, il primo determinato a reclamare il posto di comando che gli spetta e la seconda altrettanto determinata a mantenere le redini del regno dorato. Impossibile non vedere nel loro contrasto un “controcanto” di quello che coinvolgerà il vecchio e la nuova Thor, e di certo sarà interessante notare le differenze con cui la vecchia generazione e la nuova affronteranno l’analogo problema di “una poltrona per due” che li coinvolge.

Sul fronte dei villains, oltre ai sempreverdi (o sempreazzurri?) giganti del gelo, fa piacere vedere tornare in scena Malekith il Maledetto, l’infido e caotico elfo oscuro di Svartalfheim, e soprattutto fa piacere ritrovarlo nella sua essenza fumettistica originale, vale a dire quella di un intrigante, beffardo e subdolo manipolatore in grado di tenere testa al più tradizionale Loki (non essendo affardellato da tutte le implicazioni familiari, sofferte e approfondite che complicano - in senso buono, beninteso - la psiche del dio degli inganni), anziché la taciturna e monolitica versione che ci ha invece presentato il secondo capitolo del Thor cinematografico.

In breve, tutti segnali che probabilmente hanno uno scopo ben preciso: quello di garantire che la storia del Thor originale, di Odino, Asgard e compagni non sarà troncata, messa in secondo piano o soppiantata dalla venuta della nuova Thor; anzi, tutto appare orchestrato per far sì che quest’ultima si riveli una figura integrale per le vicende e le battaglie a venire. Ecco dunque che vedere una mano estranea impugnare e sollevare Thor fa assai meno male di quello che si temeva: l’entrata in scena di questo nuovo personaggio promette di aggiungere anziché togliere qualcosa al mondo asgardiano che già conosciamo, e assieme a questa promessa giunge anche la speranza che la nuova Thor sappia farsi valere e imporre come personaggio in sé, con una sua storia, un suo carattere e un suo contributo originale con cui arricchire il mito del dio del tuono. Aaron ha già promesso che il mistero della sua identità non verrà celato a lungo (sarà svelato nel numero #8 della testata USA, uscito in questi giorni, e quelli di voi che non possono aspettare e non temono gli spoiler possono trovare in questa pagina la risposta), ma anche in questo caso è giusta la scelta di presentarci la nuova eroina innanzi tutto come Thor, come a significare che devono essere le sue azioni e il suo ruolo nelle vicende attuali a parlare per lei, e non un “chi è in realtà” a renderla un personaggio convincente.

Resta poco spazio per parlare dei disegni di Russel Dauterman, che a buon diritto calca la mano su atmosfere, scenari e aspetti dal sapore fiabesco e soprannaturale, dando buona prova di sé soprattutto nella resa della corte asgardiana e nelle smorfie sardoniche di Malekith, e della storia in appendice, il numero #7 di Loki Agent of Asgard, che ottiene il ragguardevole risultato di riunire in un’unica storia tutti i pesi massimi dei supercriminali Marvel: Loki, il Dottor Destino, il Teschio Rosso e Magneto intrecciati in un’unica storia ambientata, ovviamente, a Latveria. Il perché è presto detto: Axis, il crossover in cui i ruoli di eroi e criminali stanno per invertirsi, incombe, e stavolta toccherà ai peggiori criminali (o almeno a buona parte di essi) accorrere in soccorso della terra. Un capitolo di transizione e preparatorio sia per la saga personale di Loki che per le vicende dell’Universo Marvel in generale che può vantare delle solide caratterizzazioni da parte di Al Ewing, ma che fatica forse un po’ a trovare la dimensione epica che questo summit di supervillains meriterebbe nelle matite di Jorge Coelho, probabilmente un po’ più affrettate del solito.

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