Thief of Thieves vol. 6: Febbre dell'Oro, la recensione
Thief of Thieves vol. 6: Febbre dell'Oro conferma la bontà di un'opera poliedrica e squisitamente orientata al cinema
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Nel brossurato edito da saldaPress, uscito a metà marzo in fumetteria, Conrad Paulson, in arte Redmond, decide di rimettersi in gioco con una nuova filosofia prendendo in prestito la famosa affermazione di Pierre-Joseph Proudhon, “la proprietà è un furto” e aggiungendovi il proprio tocco personale: “il furto è proprietà”; in sostanza, d'ora in poi, il protagonista e la sua complice, l'irresistibile Celia, colpiranno solo ladri.
Diggle dà vita a una fenomenale sfida tra i tre contendenti, fatta di colpi di genio, audacia e spregiudicatezza. Il sesto volume di Thief of Thieves conferma la bontà di un'opera poliedrica, elettrizzante e orientata squisitamente al cinema per concezione e sviluppo (ma aspettiamo frementi l'adattamento per la TV).
A distanza di oltre cinque anni dal suo debutto, sotto l'etichetta Skybound della Image Comics, Thief of Thieves dimostra ancora oggi - pur con firme diverse in copertina - di poter cambiare più volte toni e registri senza mai calare di intensità ed emozioni, offrendone semplicemente di diverse ed ampliando di volta in volta il loro spettro garantendo un intrattenimento di qualità sopraffina.