Them (prima stagione): la recensione

Them è l'ennesimo esempio di quel filone che sovrappone l'orrore del razzismo alle mostruosità più classiche del genere

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Them (prima stagione): la recensione della serie Amazon

Dice molto dei nostri tempi il fatto che un prodotto così particolare come Them sia già a modo suo canonico. Col senno di poi, Scappa – Get Out di Jordan Peele è stato un vero e proprio apripista per quanto riguarda il sottogenere dell'horror impegnato. Complice la fortissima tensione sociale che si respira negli ultimi anni negli Stati Uniti, i temi della discriminazione e del razzismo sistemico si sono spostati dal filone drammatico anche a quello di genere. Them è l'ennesimo esempio di quel filone che sovrappone l'orrore del razzismo alle mostruosità più classiche del genere. Eppure questo è un progetto che, nonostante qualche sbavatura, possiede una forte identità e non vi potrà lasciare indifferenti.

Protagonista è la famiglia Emory, che negli anni '50 si trasferisce dal North Carolina alla California in cerca di un futuro e di prospettive migliori. Tuttavia, le speranze della famiglia che vorrebbe lasciarsi alle spalle le odiose leggi Jim Crow si scontrano con la dura realtà del nuovo quartiere. Tutt'altro che più accogliente, anche questo luogo è dominato da razzismo e violenza a malapena sopita. La serie in dieci episodi scandisce fin dai titoli delle puntate i dieci giorni successivi all'arrivo della famiglia nel quartiere, in un'escalation di violenze e orrore che sfocia anche nel sovrannaturale.

Oltre ai film di Jordan Peele, il trattamento di Them potrebbe giustamente ricordare Lovecraft Country. Ancora una volta un'ambientazione passata usata come riflesso per raccontare il razzismo contemporaneo, e ancora una volta le deformazioni dei gruppi che odiano e che si trasformano in veri mostri. Tuttavia, se Lovecraft Country era una serie arrabbiata, Them è addirittura furiosa. Il disagio e l'angoscia saranno compagni costanti durante la visione di tutte le dieci puntate. Them non mette a suo agio lo spettatore, non si accontenta di imboccarlo con una facile morale sull'uguaglianza per poi farsi dimenticare un secondo dopo. Ci sono scene in questa serie che difficilmente dimenticherete.

Quando arriva, l'orrore sovrannaturale è quasi ben accolto dopo la tensione delle scene quotidiane. A scuola, a lavoro, nel quartiere, non c'è un attimo di respiro per la famiglia Emory. E le inquadrature ristrette e angoscianti, unite alle illusioni nelle profondità di campo, aumenteranno la tensione. Quando ricade nell'horror vero e proprio, Them sa colpire bene, non tanto con momenti shock – quelli sono lasciati alla realtà – quanto con le creature che porta in scena. Dove Lovecraft Country rielaborava in chiave orrorifica le pick-a-nanny, Them fa lo stesso con la blackface, tema ancora molto sentito in America.

Dove Them si perde un po', ed è un peccato, è nella gestione del ritmo e della storia. Fosse stato una corsa travolgente verso il finale, sarebbe stato ancora migliore. Ma la serie creata da Little Marvin e prodotta da Lena Waithe si concede varie deviazioni, alcune delle quali decisamente superflue, che distolgono l'attenzione dal cuore della serie. Così, dopo un quinto episodio che entra di diritto tra i più scioccanti mai trasmessi in tv, lo show si adagia un po' – per modo di dire – salvo poi riprendersi nel finale. Da sottolineare sicuramente le prove di tutti i quattro attori della famiglia Emory: Deborah Ayorinde, Ashley Thomas, Shahadi Wright Joseph, Melody Hurd.

Ognuno di loro, in più occasioni, è chiamato non solo ad essere vittima terrorizzata o resa furiosa dagli eventi, ma anche a sua volta veicolo di mostruosità. Perché, come in Us e in Lovecraft Country, anche qui una delle lezioni è che dopo decenni di soprusi l'orrore e l'odio rischiano di essere interiorizzati. E la battaglia va combattuta sia dentro che fuori di sé.

Continua a leggere su BadTaste