Them (prima stagione): la recensione
Them è l'ennesimo esempio di quel filone che sovrappone l'orrore del razzismo alle mostruosità più classiche del genere
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Dice molto dei nostri tempi il fatto che un prodotto così particolare come Them sia già a modo suo canonico. Col senno di poi, Scappa – Get Out di Jordan Peele è stato un vero e proprio apripista per quanto riguarda il sottogenere dell'horror impegnato. Complice la fortissima tensione sociale che si respira negli ultimi anni negli Stati Uniti, i temi della discriminazione e del razzismo sistemico si sono spostati dal filone drammatico anche a quello di genere. Them è l'ennesimo esempio di quel filone che sovrappone l'orrore del razzismo alle mostruosità più classiche del genere. Eppure questo è un progetto che, nonostante qualche sbavatura, possiede una forte identità e non vi potrà lasciare indifferenti.
Oltre ai film di Jordan Peele, il trattamento di Them potrebbe giustamente ricordare Lovecraft Country. Ancora una volta un'ambientazione passata usata come riflesso per raccontare il razzismo contemporaneo, e ancora una volta le deformazioni dei gruppi che odiano e che si trasformano in veri mostri. Tuttavia, se Lovecraft Country era una serie arrabbiata, Them è addirittura furiosa. Il disagio e l'angoscia saranno compagni costanti durante la visione di tutte le dieci puntate. Them non mette a suo agio lo spettatore, non si accontenta di imboccarlo con una facile morale sull'uguaglianza per poi farsi dimenticare un secondo dopo. Ci sono scene in questa serie che difficilmente dimenticherete.
Dove Them si perde un po', ed è un peccato, è nella gestione del ritmo e della storia. Fosse stato una corsa travolgente verso il finale, sarebbe stato ancora migliore. Ma la serie creata da Little Marvin e prodotta da Lena Waithe si concede varie deviazioni, alcune delle quali decisamente superflue, che distolgono l'attenzione dal cuore della serie. Così, dopo un quinto episodio che entra di diritto tra i più scioccanti mai trasmessi in tv, lo show si adagia un po' – per modo di dire – salvo poi riprendersi nel finale. Da sottolineare sicuramente le prove di tutti i quattro attori della famiglia Emory: Deborah Ayorinde, Ashley Thomas, Shahadi Wright Joseph, Melody Hurd.
Ognuno di loro, in più occasioni, è chiamato non solo ad essere vittima terrorizzata o resa furiosa dagli eventi, ma anche a sua volta veicolo di mostruosità. Perché, come in Us e in Lovecraft Country, anche qui una delle lezioni è che dopo decenni di soprusi l'orrore e l'odio rischiano di essere interiorizzati. E la battaglia va combattuta sia dentro che fuori di sé.