Thelma, la recensione

L'orrore è legato ai desideri, ai sentimenti e alle pulsioni più profonde in Thelma e il rimedio è annullarli con la religione

Critico e giornalista cinematografico


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Ci sono due storie dentro a Thelma, ed è esattamente questo ciò che lo rende un horror d’autore.
Animato da atmosfere rarefatte in maniera non dissimile da come avveniva nel successo crossover Lasciami Entrare (che era ambientato nella Svezia degli anni ‘70 mentre questo si svolge nella Norvegia di oggi), anche questo film di Joachim Trier ci convince di stare guardando una storia come altre fino a che non dimostra il contrario e cala in una realtà molto mondana e quotidiana (e molto scandinava) qualcosa che solitamente abita nel reame del fantastico e dell’eccezionale. Tutto con un fine ben preciso che non coincide con il fine della trama.

La storia è infatti quella di una ragazza e delle sue crisi che sembrano epilettiche ma non sono proprio epilettiche (dicono i medici), durante le quali strane cose accadono. Più lei indaga queste crisi con l’aiuto dei medici più in parallelo procede la storia d’amore omosessuale che sembra tirarla fuori da una vita di cristianesimo oppressivo che l’ha repressa e (a quanto pare) resa infelice. Il nuovo amore la sta aprendo al mondo, ora che è all’università, proprio quando questi strani fenomeni si manifestano. Ci sarà di mezzo una nonna creduta scomparsa e una serie di inquietanti flashback tra cui quello, bellissimo, che apre il film con un colpo d’autore (nel senso letterale del termine) che introduce immediatamente il vero tono del film.

Seguendo il lento disvelarsi della malattia che, lo intuiamo ben presto, porterà anche alla soluzione degli strani fenomeni, comprendiamo qualcosa di più profondo e più penetrante, cioè che tutto è legato ai sentimenti della protagonista, ai suoi desideri più intimi e profondi e che sta scoppiando ora perché ora lei si sta liberando dell’educazione religiosa. La maniera in cui Joachim Trier accoppia, senza dirlo mai apertamente, una vita bigotta alla repressione totale di sé è magistrale, e il conseguente scoppio devastante di ciò che prima era represso assume una dimensione visiva convincente.

Thelma non è un horror terrificante, non mira a terrorizzare e non far dormire la notte, ma semmai a creare una sensazione di scomodo fastidio e ansia, in cui nulla è certo e il male cresce dentro una protagonista che di colpo scopre di avere tantissimo da perdere. Un sottile equilibrio in cui la salvezza sembra stare nell’attutire ogni bramosia, ogni ardore e la religione è la paradossale arma di salvezza.

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