The World Ends With You: Final Remix, il ritorno del Gioco dei Demoni – Recensione

The World Ends With You: Final Remix è ancora un'esperienza unica

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Sono passati dieci anni da quando The World Ends With You uscì su Nintendo DS, una console che per molti era il simbolo dei videogiocatori casuali, ma che è stata capace di sfornare dei titoli veramente importanti. Tra questi proprio lo strano JRPG ideato, tra gli altri, anche da Tetsuya Nomura, che ritorna su Nintendo Switch con l’altisonante nome di The World Ends With You: Final Remix.

La storia produttiva è altrettanto particolare, sintomo di quella ordinata confusione che aleggia nei team di sviluppo nipponici come Square Enix. Il team Jupiter, che sviluppò Kingdom Hearts: Chain of Memories per Game Boy Advance, stava lavorando ad un nuovo progetto che avrebbe dovuto essere legato di nuovo al franchise di Kingdom Hearts. L’idea fu quella di sfruttare a dovere i due schermi della console, creando un combat system eclettico ( per quanto impossibile da capire e padroneggiare). Con lo stilo si muoveva Neku, il protagonista, nello schermo inferiore, mentre con i pulsanti si controllava l’alleato che si muoveva nello schermo superiore durante i combattimenti. Il team capì che aveva tra le mani qualcosa di fin troppo particolare per fare un semplice sequel del loro precedente progetto, e così nacque The World Ends With You.

[caption id="attachment_189870" align="aligncenter" width="1280"]The World Ends With You: Final Remix screenshot Ad un certo punto gli effetti delle Spille saranno simili, ma sono comunque parecchi[/caption]

Il gioco, che sulla carta è un JRPG di stampo action, è uno di quelli che non si dimenticano facilmente. The World Ends With You fu il frutto di un grandissimo lavoro di ricerca e design, estetica e folklore giapponesi che si mescolano in un racconto surreale e privo di reali paragoni. L’idea è che ci siano dei Demoni (così sono stati tradotti i Reaper dell’originale) che si divertono a giocare con le persone morte nei meandri di Shibuya, proponendogli loro un gioco della durata di sette giorni: se sopravviveranno, potranno tornare in vita.

La Shibuya che i protagonisti vivono non è quella reale, ma un vero e proprio Piano Spirituale dove loro sono invisibili a terzi, così come i Rumori, bestialità generate dal caos auditivo della metropoli giapponese, veri e propri mostri. Il protagonista è Neku Sakuraba, misantropo eroe tipico da JRPG che si esclude dal mondo grazie alle sue amate cuffie e che si risveglia in mezzo all’incrocio urbano più famoso del mondo senza una chiara idea di che cosa gli sia successo.

[caption id="attachment_189869" align="aligncenter" width="1280"]The World Ends With You: Final Remix screenshot Neku e Shiki, all'inizio dell'avventura[/caption]

Da qui si dipana una trama che non vogliamo svelarvi, ma che vi assicuriamo sarà capace di tenervi incollati allo schermo della console, a patto che apprezziate la tipica narrazione giapponese, fatta di lunghi dialoghi, ripetizioni superflue, e giusto quel paio di cliché che non guastano. A questo proposito, stavolta il gioco è stato completamente tradotto in italiano e nel Final Remix c’è un capitolo aggiuntivo atto a spiegare alcuni dettagli secondari che, in origine, rimanevano un po’ nell’ombra.

"The World Ends With You: Final Remix rimane un gioco straordinario"The World Ends With You: Final Remix è un remake fedelissimo all’originale, ed il character design di Testuya Nomura, così come tutta l’estetica spigolosa e moderna del gioco, è ancora più affascinante dopo il lavoro di pulizia e rimasterizzazione in alta definizione. La differenza sostanziale è rappresentata dall’ovvia necessità di rivedere il combat system. Su Nintendo DS era necessario usare il pennino per attivare le Spille, le quali garantivano a Neku la possibilità di scatenare varie mosse sui nemici, ma a volte era necessario anche urlare e soffiare sul microfono. Vista l’assenza dell’input audio e del secondo schermo, il nuovo sistema di comandi ha una doppia modalità: Joy-Con e touchscreen.

Era difficile trasformare l’esperienza originale in una completamente affidata ai tasti fisici, ma le soluzioni adottate non sono comunque il massimo della comodità. Giocando su TV userete un solo Joy-Con, puntando allo schermo ed emulando il tocco del dito. Allo stesso modo possono essere evocati gli alleati che, tramite un gesto specifico, si inseriranno all’interno della combo in corso. Con tutta la buona volontà possibile questa è la soluzione peggiore per giocare, perché ad un certo punto si finisce per sbracciarsi a casaccio, attivando spille senza soluzione di continuità nella speranza di abbattere i nemici (scordatevi di imparare a muovervi e schivare decentemente).

[caption id="attachment_189871" align="aligncenter" width="1280"]The World Ends With You: Final Remix screenshot I Rumori sono diversi, con pattern di attacco e debolezze da scoprire[/caption]

Alla lunga, la soluzione migliore si è rivelata giocare in portabilità sullo schermo della console tramite le dita, proprio come fosse un tablet. Sarebbe stato apprezzabile poter muovere almeno Neku con lo stick analogico, ma in portabilità i Joy-Con si disattivano. È anche possibile giocare con un Joy-Con di fronte alla console poggiata su un tavolo, ma è qualcosa di veramente utile.

Tolta la confidenza che dovrete prendere con i comandi (e ci vorrà qualche ora), The World Ends With You: Final Remix rimane un gioco straordinario, per certi versi unico, sicuramente da capire ed interpretare. Il gameplay basato sulle Spille, tra la ricerca per accaparrarsi le migliori, più giuste e fashion, potenziandole e trovando il setup perfetto, e le meccaniche legate ai marchi delle aziende produttrici, con la moda e la popolarità nel quartiere in cui si combatte che le rendono più potenti, sono ancora qualcosa di estremamente brillante.

Il tutto incasellato in una narrazione – con la possibilità di ascoltare anche le versioni Remix delle tracce che compongono la straordinaria colonna sonora - che non fa niente per non esimersi dal criticare la società moderna, la fretta, la voglia di apparire (nel 2008, Instagram sarebbe nato due anni dopo), la corsa ai pregiudizi, cercando invece di inseguire un messaggio diverso: il mondo finisce con noi, e sta a noi allargarlo per accogliere chi ci circonda.

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