The Woman King, la recensione

The Woman King è un film doppiamente militante. Non solo perché è una storia di donne sulle donne, ma anche perché denuncia in chiave epico/favolistica lo sfruttamento coloniale delle terre d’Africa.

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La recensione di The Woman King, al cinema dal 1 dicembre

Aveva esordito nel 2000 con Love & Basketball (prodotto da Spike Lee) e dopo diversi cortometraggi, esperienze televisive ed altri lunghi (tra cui La vita segreta delle api e The Old Guard), Gina Prince-Bythewood con la regia di The Woman King prosegue nel percorso di un cinema femminile e femminista, filtrato stavolta dalla cornice del genere action/storico. Con una statuaria e magnifica Viola Davis ad interpretare la guerriera-capo delle Agojie, l’esercito di donne combattenti del popolo Dahomey, l’Ottocento africano si trasforma in una ghiotta occasione cinematografica di denuncia-entertainment, dove l’aspetto militante nella sua evidenza pur retorica non va mai a schiacciare la bontà di una storyline ben scritta e avvincente.

The Woman King è quindi un film doppiamente militante. Non solo perché è una storia di donne (diretto da Prince-Bythewood e scritto da Dana Stevens e Maria Bello) sulle donne - esaltate qua nella loro dimensione guerriera e combattiva - ma perché nella sua più evidente cornice narrativa è una denuncia in chiave epico/favolistica di una pagina di storia: quella dello sfruttamento coloniale delle terre d’Africa.

Il film ha il respiro e i mezzi di un kolossal e Gina Prince-Bythewood dimostra di saper gestire questa sfida con la stessa combattività delle sue protagoniste. The Woman King è infatti un film colossale sia per ordine di grandezza che per intenzioni narrative. 

Sono molteplici e lunghe le scene di combattimento, le scenografie sono sontuose, l’apparato estetico-simbolico è studiato, per cui ogni popolo ha la sua dimensione particolare e riconoscibile. E, come nelle più classiche delle favole (e le più classiche sceneggiature “alla Christopher Vogler”) The Woman King è la storia di un’eroina riluttante che scopre di avere un potere e un valore immenso.

La protagonista è infatti una giovane predestinata, Nawui (Thuso Mbedu), che dopo aver rifiutato il matrimonio finisce tra le fila delle guerriere Agojie, ansiosa di dimostrare il suo valore nella battaglia contro il popolo nemico. A questa storyline se ne aggiungono però ulteriori: la linea storica che denuncia il colonialismo europeo mettendolo in relazione alla coscienza africana (e che per quanto messa in ombra dal resto delle vicende alla fine ritorna sempre come motore di tutti gli eventi), la linea affettiva, quella amicale, quella amorosa. Il film è veramente pieno di eventi e situazioni e infatti la durata di oltre due ore ne testimonia le grandi aspirazioni, pur non risultando pesante (anche se qua e là si poteva tagliare qualcosina). La militanza del film è più che altro nella sua stessa premessa e nel modo in cui la trama viene inanellata: la posizione di potere ricoperta dal personaggio di Davis, quella di Nawui; la figura del re (John Boyega) come uomo progressista ma contraddittorio e infine la consapevole ambiguità - irrisolta - della posizione di queste donne guerriere in società.

La cosa positivamente sorprendente di The Woman King è però proprio il fatto che, pur avendo un respiro così grande non sembra sentire il peso di dimostrare a tutti i costi verità assolute, ma  raccontando con passione e abilità la sua storia riesce ad essere convincente. Senza intellettualismi o dinamiche particolarmente originali (va esattamente come ci si aspetta): ma che divertimento…

Siete d’accordo con la nostra recensione di The Woman King? Scrivetelo nei commenti!

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