The Well, la recensione

The Well avrebbe tutte le carte in regola per un bell'omaggio ai classici dell'horror italiano, ma non sempre è all'altezza delle ambizioni

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La recensione di The Well, l’horror diretto da Federico Zampaglione in sala dall’1 agosto.

The Well dà la stessa impressione di certi horror minori che si facevano in Italia negli anni '70. Quelli che magari non avevano il maestro di turno dietro la macchina da presa, ma esistevano in un contesto artigianale che garantiva comunque un certo livello tecnico. Fotografia, scenografie, costumi, le belle location laziali, sono all'altezza di un'operazione che vuole omaggiare - e quindi rifarsi visivamente - ai classici del nostro horror: La casa con le finestre che ridono, a cui ruba l'idea di una restauratrice alle prese con gli orrori di un paesino di campagna; e Suspiria - la ragazza americana in Europa, look identico a Jessica Harper, scopre che la villa che la ospita è infestata da streghe. Se fare horror fosse solo una questione di rievocazione e décor, potrebbe bastare. Purtroppo è anche questione di regia.

Pochi generi dipendono quanto l'horror dalla capacità del regista di architettare visivamente un film, e sono quindi spartiacque così spietati fra chi ha o non ha il famoso "tocco". Ambientazione, fotografia, montaggio e soprattutto colonna sonora (pensiamo ad Argento) sono pezzi fondamentali, ma vanno integrati da una visione che nel caso dell'horror - spesso meno dipendente da dialoghi e struttura narrativa - coincide soprattutto con l'abilità ad orchestrare gli elementi in scena, trovando nell'inquadratura, nel gioco prospettico/luministico, nella scelta dei piani e delle espressioni, il senso della paura.

È rivelatorio che The Well funzioni meglio nelle scene introduttive e di calma, quando gli elementi tecnici che giocano in favore del film possono essere sfoggiati senza grandi sforzi di messa in scena. L'arrivo in pullman nel paesino di Sambuci, o le scene in cui Lisa (Lauren LaVera) lavora al restauro di un misterioso dipinto maledetto, sono piacevoli perchè si accontentano di mostrare con inquadrature semplici e ben centrate quel lavoro scenografico e sugli ambienti che è la parte migliore del film. L'atmosfera fa sentire a casa l'appassionato del genere, che ci ritrova il gusto per le ambientazioni gotiche e le belle facce da caratteristi (Melanie Gaydos) che è proprio ciò che serve a un cinema di revival come questo.

Peccato che al buon lavoro nel set-up dell’orrore non corrisponda l’esecuzione delle scene dove si scatenano la violenza e il soprannaturale. La regia di The Well non sa far paura, e ogni tanto si incarta in momenti al limite del dilettantesco: forse per limiti di effetti speciali, quando un personaggio riceve un colpo di mannaia o di coltello la ferita non viene mostrata direttamente, ma dopo uno stacco di montaggio per niente fluido o nascosto, che toglie credibilità al gore. A un certo punto un momento di tensione per la possibile presenza di una minaccia esterna si risolve con una botta in testa da cartone animato data da fuori campo (altrove sarebbe autoironia ma qui il tono è seriosissimo). E così via. Non sono difetti cui si possa passare sopra, e spiace vederli in un progetto che ha la simpatia di una dichiarazione d’amore sentita all’horror italiano.

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