The Water Man, la recensione | TIFF 20

David Oyelowo compie il suo esordio alla regia con il film The Water Man, un progetto destinato a tutta la famiglia e in particolare agli spettatori più giovani

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David Oyelowo, star di film come Selma e A United Kingdom, compie il suo esordio alla regia con il delicato The Water Man, presentato in anteprima al Toronto Film Festival 2020, che ricorda in più momenti il sottovalutato Sette minuti dopo la mezzanotte per atmosfera e intenti.

Il protagonista è il piccolo Gunner (Lonnie Chavis) che si ritrova inaspettatamente ad affrontare la malattia della madre Mary (Rosario Dawson), da sempre profondamente legata al figlio di cui apprezza l'immaginazione e il talento artistico. Il padre del ragazzino, Amos (Oyelowo) è invece spesso distante per lavoro e non riesce a trovare un modo per dialogare in modo onesto e comprensivo con lui. Quando la salute della madre peggiora, Gunner inizia a cercare una possibile cura tra le pagine di libri scientifici e dedicati a realtà sovrannaturali, convincendosi che solo Water Man/L'uomo dell'acqua, che secondo la leggenda era un minatore chiamato Edward Schaal (Ted Rooney), possieda il segreto per l'immortalità dopo aver trovato una pietra magica poco prima che un'inondazione distruggesse l'intera città e uccidesse tutti tranne lui. Con l'aiuto della ribelle Jo (Amiah Miller), il protagonista andrà così alla ricerca nella foresta di questa figura mitologica che potrebbe essere la chiave per salvare chi ama.

La sceneggiatura firmata da Emma Needell propone un racconto ben calibrato su una visione innocente e magica del mondo che rischia di andare in pezzi dovendo confrontarsi con una realtà drammatica che Gunner non sembra pronto ad affrontare. Il potere della fantasia viene celebrato con un approccio narrativo che ricorda i grandi classici cinematografici per tutta la famiglia realizzati negli anni '80 e affronta con sensibilità il tema della mortalità e della perdita di chi si ama, senza dimenticare di mostrare le difficoltà di comunicazione tra generazioni. La ricerca della cura "magica" diventa così un percorso da compiere dentro di sé per accettare la malattia della madre, ritrovare un rapporto con il padre e diventare adulti.

The Water Man fatica a offrire un racconto davvero originale, nonostante l'affascinante mitologia creata per la città, e a rendere i personaggi adulti - dalla poliziotta interpretata da Maria Bello ai genitori di Gunner - qualcosa in più che delle figure tratteggiate in modo stereotipato o approssimativo, ma la vera forza del lungometraggio risiede nella bravura dei due giovani protagonisti. Lonnie Chavis, apprezzato in This Is Us, è davvero convincente nella sua interpretazione di un ragazzino alla disperata ricerca di risposte e di un modo per salvare la madre, proponendo con la sua performance un'evoluzione emozionante e una presa di coscienza a tratti straziante nonostante cerchi delle vie di uscita, davvero fantastiche, ai propri problemi. Amiah Miller, già Nova in The War - Il pianeta delle scimmie, riesce inoltre a conquistare il cuore degli spettatori con la sua Jo, così forte e fragile al tempo stessa, abituata alla solitudine e disperatamente alla ricerca di un legame emotivo. Il film, con la sua avventura in una natura splendida e al tempo stesso in grado di nascondere pericoli e segreti, sembra costruito per rivolgersi agli spettatori più giovani e alla loro capacità di non razionalizzare ogni evento, credendo ancora a una dimensione sovrannaturale che si intreccia con quella in cui viviamo e che rimane "invisibile" allo sguardo degli adulti. Oyelowo, Dawson e Molina mettono a frutto la propria esperienza per sostenere le giovani star del progetto, rimanendo comunque sempre un passo indietro rispetto a loro.

The Water Man, nonostante il budget non certo elevato sia evidente, regala una storia semplice e significativa che ricorda i romanzi per ragazzi in grado di alimentare l'immaginazione dei giovani lettori e soddisfare anche gli adulti, emozionando e facendo riflettere con gentilezza.

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