The Walking Dead vol. 25: Non si torna indietro, la recensione

Abbiamo recensito per voi The Walking Dead vol. 25: Non si torna indietro, di Robert Kirkman e Charlie Adlard, edito da saldaPress

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Diciamolo, la conclusione del volume 24 di The Walking Dead ha lasciato tutti con la bocca aperta, senza "se" e senza "ma". In un colpo solo, abbiamo detto addio a un nutrito gruppo di personaggi, noti e meno noti, in particolare a Ezekiel e Rosita, che conoscevamo da molto tempo e ai quali avevamo imparato a voler bene: improvvisamente, contemporaneamente, nelle battute finali di una storia che sembrava potesse avere il lieto fine, ci siamo trovati, come Rick e i suoi compagni, con le loro teste staccate dal corpo e impalate, a delimitare con il loro sangue il confine imposto da Alpha, la leader dei Sussurratori. Accidenti, che colpo di scena. Nonostante Robert Kirkman ci abbia già abituati sia a questi improvvisi twist narrativi che a dover dire addio a personaggi fan favourite, questa sequenza è rimasta impressa nella nostra mente, possedendo intrinsecamente un livello di tragicità epocale, alla stregua di altri momenti cult come la morte di Glenn sotto i colpi di Lucille.

Il volume 25 di The Walking Dead, intitolato Non si torna indietro, riprende la storia esattamente dal momento nel quale l'avevamo lasciata, con i protagonisti impotenti di fronte a uno spettacolo agghiacciante (anche perché le teste dei malcapitati, essendo integre, non sono vive, ma restano comunque non-morte e quindi "attive" come solo uno zombie sa essere). Come suggerito dal titolo, siamo arrivati davvero a un punto di non ritorno, nel quale la comunità guidata da Rick, Maggie e gli altri leader delle città unite e pacificate di questa sempre più vasta regione, dovrà tornare a prepararsi all'ennesima battaglia per la sopravvivenza, dopo un lungo periodo di serenità e prosperità troppo bella per poter davvero durare. L'elaborazione del lutto è il tema cardine di questo volume, nel quale assistiamo alle reazioni dei componenti della suddetta comunità, di fronte a un dramma importante. Negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione: sono queste le cinque fasi nelle quali chi subisce una perdita deve obbligatoriamente passare, come insegna qualsiasi manuale di psicologia. Solo che questo percorso di elaborazione non è lineare e standardizzato per tutti, ma si rivela essere sempre qualcosa di mutevole di soggetto in soggetto: non ci sono gap temporali predefiniti, non ci sono reazioni uguali per tutti quando si subisce un lutto. Ed è proprio questo che Kirkman si preoccupa di raccontare in questo nuovo capitolo della sua epopea, sempre più umana, sempre più "indifferente" al fatto che ci troviamo sempre a un minuto dall'estinzione, in un mondo nel quale la maggioranza della popolazione mondiale è morta e resuscitata sotto forma di zombie. In tutto questo, verranno gettate le basi di una nuova, potenziale guerra contro i Sussuratori, della cui società (primordiale e animalesca) scopriremo qualcosa di più, così come apprenderemo quello che succede nelle varie location dei "buoni" di questa storia, concentrandoci in particolare sul personaggio di Dwight, che ha ereditato lo scettro (letteralmente) da Negan. E che fine ha fatto uno dei villain dei fumetti più riusciti di sempre? Tranquilli, come evidenziabile dalla stessa copertina di questo volume, ci sarà spazio anche per lui. Così come non mancherà anche qui una sequenza narrativa di forte impatto e grande violenza: leggere per credere.

Cosa dire più di The Walking Dead rispetto a quanto fatto in passato?

Proviamo a vederla da un'altra prospettiva, potenzialmente anche polemica nei confronti di chi non ama questa serie (amichevolmente parlando, ben intesi). Nonostante Kirkman scriva una storia decompressa, che talvolta fa un ideale giro molto simile al precedente, tornando poi a un punto di partenza quasi ripetuto, a ogni volume The Walking Dead si conferma essere una lettura in grado di catturare l'interesse di qualsiasi lettore. Perché? Perché lo sceneggiatore ha saputo farci appassionare a questa storia e ai suoi personaggi, dei quali, proprio a causa di questi "tagli del personale", vogliamo conoscere il destino. Quando The Walking Dead giungerà alla sua naturale conclusione, tutti, persino i suoi più strenui oppositori, si informeranno e vorranno sapere come è andata a finire, c'è poco da fare quando si ha a che fare con un fenomeno di costume di questo tipo. Inoltre, non si può non rilevare e apprezzare la sempre rinnovata fantasia dell'autore, in grado di inventarsi sempre qualcosa di nuovo, sempre inedite minacce, alzando progressivamente ed esponenzialmente l'asticella di difficoltà e pericolo per i protagonisti, quasi fosse un videogame.

Ancora, Charlie Adlard non è il disegnatore più bravo e originale del mondo, e spesso disegna forme sgraziate, personaggi non belli, corpi magari anche un po' statici, ma riesce anche a rispettare ogni deadline, non saltando mai una consegna (grazie anche al lavoro dell'inchiostratore Stefano Gaudiano e di Cliff Rathburn, che realizza le scale di grigio del fumetto): così facendo, l'artista ha saputo imprimere il suo marchio sull'opera, rendendo la veste grafica di The Walking Dead assolutamente unica e riconoscibilissima, e quindi altamente familiare.

Come già detto, c'è poco da fare: possiamo solo attendere trepidanti l'uscita del prossimo volume.

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