Dopo aver visto per più di una stagione il solito volto arrogante di Negan, con questo quinto episodio dell'ottava stagione
The Walking Dead non solo ci ha regalato una confessione inattesa, ma anche uno scontro corpo a corpo imprevisto e un prologo a dir poco
tarantiniano. Fatta questa premessa,
The Big Scary U ha come scopo ultimo quello di raccontare attraverso dei flashback un paio di situazioni antecedenti all'attacco improvviso dei sopravvissuti di Rick al Santuario. L'inizio mostra proprio questo, in più l'atmosfera e i dialoghi dei primi quindici minuti impostano in maniera anomala un episodio carico di strategie, segreti e rivelazioni. Questo grazie al cambiamento graduale di
Negan, che inizialmente mostra tranquillità in attesa che
Gregory riesca in qualche modo a convincerlo della sua affidabilità, per poi perdere le staffe, questa volta contro
Simon, il suo braccio destro. "
Le persone sono una risorsa, non vanno sprecate. Sono le fondamenta di quello che stiamo costruendo." Discorso che è un po' il pilastro su cui regge la missione di questo villain che non ha nessuna intenzione di morire, almeno fino a che non sarà
dannatamente pronto.
A quanto pare Negan ha ancora molto da raccontare, sia umanamente che strategicamente parlando. Dopo tanti discorsi prolissi e omicidi ingiustificati, gli showrunner di The Walking Dead tramite Gabriel ci raccontano qualcos'altro, questa volta con un'idea di base molto forte. Addirittura "The Big Scary U" regala ai fan della serie un allestimento suggestivo, diverso dal solito, stilizzato se vogliamo. All'interno di quella roulotte si tengono tanti discorsi, molti dei quali banali, altri sicuramente più incisivi. E sebbene ci sia questo dislivello qualitativo sostanziale, alla fine si tende a giustificare ogni mancanza, questo perché le quattro mura che circondano i due personaggi raccontano molto più di quello che ci saremmo potuti aspettare, circondano le due figure trasmettendo un senso di claustrofobia: a partire dai riflessi di luce che entrano dalle fessure delle finestre fino ad arrivare a quei movimenti in loop, finti e anomali, degli erranti fuori dal veicolo. Un arricchimento scenico stimolante per lo spettatore e non del tutto scontato.
In questo episodio Gabriel viene usato a tutti gli effetti come un mezzo di sceneggiatura essenziale, un ponte o potremmo dire un mezzo di comunicazione necessario: per far uscire un nuovo lato di Negan ma anche per quelle parole finali che ci riportano dove eravamo rimasti nella storia. La troppa attenzione riservata a Gabriel finisce per anticipare un po' le sue sorti, questo perché ogni qualvolta gli autori hanno deciso di concentrarsi così tanto su un personaggio, nell'istante successivo abbiamo assistito alla sua morte. Basti pensare a Bob o anche a Denise, quest'ultima aveva raccontato episodi della sua infanzia proprio qualche istante prima di essere uccisa. Ora non resta che vedere quale sarà il destino di quest'uomo. Possiamo sperare in qualcosa di diverso soprattutto per lui, che dopo essere stato sempre considerato dagli altri solo per quell'atto di vigliaccheria amerebbe tanto lasciare la terra facendo qualcosa di utile.
Il punto debole di quest'episodio è senz'altro la troppa attenzione riservata ai
Salvatori in riunione, molti dei quali fino ad ora avevamo sentito parlare sì e no un paio di volte. C'era realmente bisogno di questa parentesi così lunga all'interno del Santuario? La risposta in questo caso è molto soggettiva: il senso dietro a tutto questo è sicuramente quello di raccontare le strategie di entrambe le fazioni, in più sicuramente serviva una
backstory per il ritorno trionfante di Negan e di Gabriel dagli inferi. Ciò che appesantisce un po' è il fatto che lo spettatore sia a conoscenza di tutta verità, a partire dal ruolo di Dwight all'interno del puzzle. E forse proprio per questa serie di motivi ci si aspettava un'orchestrazione diversa dei personaggi di fronte alla consapevolezza del pubblico, invece abbiamo assistito a scene tappabuchi prive di alcun tipo di colpo di scena. Lo stesso si può dire delle sequenze che hanno visto protagonisti
Rick e Daryl. In seguito al loro scontro, prima verbale e poi fisico, ci si chiede se continueremo a vedere tutto ciò. L'auspicio è che questo diverbio possa regalare in futuro momenti più aspri, coraggiosi se vogliamo.
The Walking Dead aveva osato in questo senso solo nelle prime stagioni,
quando Shane nascondeva a Rick cose impensabili. Lo scontro massacrante che portò alla morte dell'ex collega di Rick era stato un tripudio di emozioni. Daryl in questa stagione è consumato dal rimorso, sembra che abbia voglia di vendicarsi, non gli importano le modalità. Rick invece è ritornato a tutti gli effetti quello di un tempo, il poliziotto cauto e determinato che non esce mai dai binari. Ora più che mai i due sono su piani differenti ma oltre a questa sfumatura improvvisa ci sarà dell'altro? Almeno che questo non porti a delle conseguenze irreparabili nei prossimi episodi, lo scontro tra i due ha tutta l'aria di essere stato un riempitivo non richiesto e poco interessante.
In conclusione si è trattato di un episodio molto valido che ha giocato sui dettagli: in particolare l'interpretazione di Jeffrey Dean Morgan, specie nei momenti in cui si percepiva la necessità di Negan di confessarsi e al contempo il dovere verso se stesso di rimanere integro, come l'uomo che è dovuto diventare sempre pronto a trovare la giustificazione perfetta ai suoi misfatti.
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