The Walking Dead 6x10, "La legge della probabilità": la recensione

Ecco la nostra recensione al decimo episodio della sesta stagione di The Walking Dead, in onda tutte le domeniche negli Stati Uniti su AMC

Condividi
Spoiler Alert
Dopo ogni episodio disastroso c'è sempre un episodio come questo. The Walking Dead ci ha ormai abituati a questo continuo altalenarsi tra devasti e ritorni in carreggiata nella calma più totale, siamo sulle montagne russe e si sale e si scende in continuazione. In "The Next World" ("La legge della probabilità" in Italia) troviamo i soliti personaggi ma che hanno qualcosa di diverso da raccontare.

Si nota la voglia di ricominciare, Rick e gli altri si creano i turni per andare a perlustrare le zone intorno alla nuova Alexandria per le scorte di cibo e qualche tubo di dentifricio. In più quella mezza idea di famiglia che ci viene proposta all'inizio di questo episodio sotto certi aspetti è anche stuzzicante, visto anche l'inaspettato finale. Sì perché questo salto temporale nonostante la lentezza dell'episodio è stato necessario. Si ha l'impressione però, almeno inizialmente, che qualcuno dei protagonisti possa aver totalmente cambiato il proprio modo di essere nei confronti delle situazioni, e anche rispetto alle interazioni con gli altri, umani e non. Proprio per questo aspetto la cosa intrigante di The Next World è cercare di capire dove gli autori ci vogliano portare. Ma è la risposta l'unico problema: da nessuna parte. O almeno verso niente di nuovo. Commuove ed emoziona Carl, che sembra aver preso molto bene l'incidente all'occhio e che si lascia trasportare nel bosco preso da un senso irrefrenabile di fratellanza nei confronti delle vittime e dei suoi compagni, parla di giustizia e traspare evidentemente la sua maturità. Dovrebbe incuriosire Spencer Monroe che si aggira con una pala per il bosco alla ricerca di sua madre oramai una vittima del virus. Ma arrivati alla sesta stagione questo aspetto che in teoria dovrebbe creare nel telespettatore una sorta di empatia con i personaggi può risultare un discorso un po' ripetitivo.

La novità è l'ingresso di Paul Rovia o per chi preferisce Jesus, un personaggio con una sua identità specifica che ci racconta di un nuovo mondo ancora da scoprire introducendo una nuova fase di The Walking Dead. È furbo, intelligente, atletico e soprattutto molto divertente. Ci sono due o tre scene all'interno dell'episodio che sono molto esilaranti, soprattutto quando Rick e Daryl fanno fatica a prenderlo dopo essere già stati fregati un paio di volte. Desta particolare interesse perché si ci si sforza ad inquadrarlo, e ovviamente è chiaro che è qualcosa di più. La scena finale in cui irrompe nella camera da letto di Michonne e Rick lascia notevolmente attoniti. Sarà avvincente capire la sua provenienza e il suo scopo all'interno della serie, ma è sicuramente un elemento chiave che potrebbe rivelare non poche sorprese.

In conclusione non si può non commentare quella dolcezza spontanea, già in alcuni momenti preannunciata, tra Rick e Michonne. Quest'ultima continua, a nostro parere, a soddisfare le speranze di tutti: le sue azioni, il suo coinvolgimento con gli altri, la cura che ci mette nell'accogliere il bene è ammirevole. Quando si costruisce bene un personaggio in questo modo uno sceneggiatore può decidere di scrivere quel nome al centro di un foglio e con delle frecce collegarlo a qualsiasi altro personaggio all'interno della storia, dando così la possibilità di dare quel buono, anche in termini di scrittura e di resa sullo schermo, all'altro, arricchendo così l'insieme generale. In The Next World Michonne ha preso parte ad ogni piccolo tassello: ed è forse quell'ingrediente che ha amalgamato con intelligenza qualcosa che si stava perdendo nuovamente per strada.

Continua a leggere su BadTaste