The Walking Dead 5x16 "Conquer" (season finale): la recensione

Ultimo episodio dell'anno per The Walking Dead: una puntata corale con cui lasciamo Rick e i suoi

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Spoiler Alert
Tutto ciò che si può dire di The Walking Dead, arrivati alla fine della quinta stagione è già stato detto. È l'epopea televisiva di Rick e dei suoi, che rimangono i veri punti fermi in un mondo che scivola sotto i loro piedi, che morde e che graffia, ma che non è mai destinato a rimanere lo stesso. La serie dei record tratta dal fumetto di Robert Kirkman lavora, e continuerà sempre a farlo, per archi narrativi che senza soluzione di continuità attraversano le stagioni incuranti delle pause tra un anno e un altro, tra la fine della prima parte e il ritorno nella midseason. Per questo i suoi finali sono spiazzanti in un senso che poche altre serie tv condividono, per questo i suoi ritorni spesso sono più emozionanti e riusciti delle puntate conclusive. Conquer non fa eccezione.

Non è un finale in senso stretto, non è l'inizio di qualcosa, non è molto diverso nelle intenzioni e nell'impatto dal finale a Terminus dell'anno scorso, con Rick che prometteva vendetta contro i suoi carcerieri. Rimaniamo ad Alexandria, qualcosa cambia negli equilibri di potere e nell'approccio degli abitanti, ma gran parte dell'episodio, più lungo del solito, è dedicata a dare una visione corale dei personaggi, a mostrare il modo in cui si stanno ambientando più o meno bene nella nuova città-rifugio. Qualche indizio sulle novità del prossimo anno c'è, ma l'episodio che riunisce tra regia e sceneggiatura Greg Nicotero e Scott M. Gimple lavora più sulle tensioni rilasciate negli ultimi riusciti episodi.

Rick naturalmente al centro di tutto. La sua ossessione per il controllo e la disillusione verso la normalità hanno avuto il sopravvento sul desiderio di tornare a qualcosa di simile ad una società civile. Il suo atteggiamento, sospettoso fin dal principio, ha portato alla "profezia che si avvera da sola". Qualche spinta l'hanno data gli abitanti della città, un po' ingenui, qualcuno violento, altri davvero ciechi – sembravano i protagonisti delle prime stagioni – rispetto alla violenza che ormai domina il mondo, ma è anche vero che l'attitudine al comando e all'autoritarismo del protagonista non sono mai scomparse del tutto. Anche in questo senso il finale non può non ricordare, nelle sue conclusioni, quello della seconda stagione, quando a due passi dalla prigione veniva instaurata la "Ricktatorship".

Più dimessi, ma altrettanto incisivi, Glenn e Maggie, il primo condotto fuori città da Nicholas – in un confronto comunque troppo lungo – mentre la seconda nelle ultime settimane, anche se l'argomento non è mai venuto fuori del tutto, sta pagando lo sconforto per la morte della sorella (quella sofferenza che per tantissimo tempo non era mai stata nemmeno sfiorata dalla scrittura).  Quella davvero divertente è Carol, che nelle ultime settimane un po' per caso, un po' per volontà degli autori, è il personaggio che regala le maggiori soddisfazioni: da donna sottomessa e picchiata, è diventata un'assassina di bambini, la figura che molto prima di Rick ha imparato a prendere le decisioni difficili, e che ora sta prendendo in giro un'intera città con la sua maschera, tenendo testa ad un uomo che picchia la moglie (il legame con il suo passato è chiaro). Altro che Daryl e Michonne, se esiste un personaggio cult in questa serie è senza dubbio lei.

Non funzionano invece Sasha e padre Gabriel, la prima mossa da un risentimento generico troppo artificioso, mal scritto e male interpretato, e il secondo ormai buono solo come cibo per gli walker. E, a proposito di zombie, anche se gioca su binari ampiamente collaudati e ci costringe a soprassedere su alcune ingenuità di scrittura, è riuscita la scena di fuga che vede coinvolti Daryl e Aaron. Un momento che ha inoltre il merito di introdurre meglio il ritorno di Morgan e la minaccia degli Wolves. Riusciti i momenti finali, con un Rick sempre più simile al vecchio e indimenticato Governatore, ormai – se non nella forma, sicuramente nella sostanza – il vero capo ad Alexandria.

Come episodio a sé Conquer paga una durata troppo lunga a sua volta inserita in una stagione troppo lunga, di quelle che sui canali via cavo ha solo The Walking Dead. Ci sono punti morti e belle intuizioni, ma su tutto pesa la dicitura "finale di stagione", che male si applica ad una puntata inferiore alle precedenti. Dopo cinque anni è inutile star qui a ripetere pregi e difetti della serie. È stata la stagione più cattiva dello show, e questo è senza dubbio un pregio, molto più riuscita nella sua parentesi iniziale e finale che in quella centrale, davvero da dimenticare.

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