C’è qualcosa di tremendamente simbolico in una massa di zombie intrappolati nelle sabbie mobili che, a metà fra lo sconcerto e l’incomprensione, si protendono in avanti senza rendersi conto della loro situazione e rimanendo nello stesso punto. Questa era l’immagine più bella, una delle poche, di
Dead Weight, settimo episodio della stagione di
The Walking Dead, il cui sottotitolo ideale potrebbe anche essere “come non detto”. Il percorso di redenzione di
Philip/Brian si interrompe infatti ai blocchi di partenza. Vittima di se stesso, di un istinto di sopravvivenza e protezione che, come in passato, si impone sulle basilari norme morali, il
Governatore ritorna agli errori del passato: la storia si ripete.
Seconda parte ideale del lungo flashback iniziato la scorsa settimana, Dead Weight se ne allontana drasticamente per andare a raccontare ancora schemi già visti, soluzioni già adottate. Giunto all'accampamento di Martinez, il Governatore si impone velocemente e brutalmente sui capi del gruppo, soverchiando il più debole Pete e portando dalla propria parte il più rude fratello Mitch (Kirk Acevedo, che qualcuno si ricorderà per Fringe o Oz). In appena quaranta minuti si racconta la nuova e violenta scalata al potere di Brian, tanto repentina da permettere il pieno collegamento, nel finale di puntata, con il presente dei nostri sopravvissuti alla prigione.
Giunti praticamente a metà della quarta stagione di
The Walking Dead, la prima cosa che ci salta all'occhio è la struttura davvero atipica della scrittura. C'è stato un micro arco narrativo, quello dell'infezione, non troppo interessante e molto dilungato e di fatto importante solo alla luce dell'allontanamento di Carol dall'accampamento. Poi, approfittando dello stallo seguito alla risoluzione del problema, gli autori hanno fatto un passo indietro e hanno condensato in due puntate gli eventi che hanno riportato il Governatore a scontrarsi con il gruppo. Una scelta che di per sé non avrebbe nulla di negativo: inattesa, atipica e a modo suo coraggiosa. Il problema sono gli esiti, da un punto di vista narrativo, di questa scelta.
Carol a parte, dopo sette episodi siamo nella stessa situazione di una stagione fa. Sono stati introdotti nuovi personaggi, o vittime sacrificali, Rick e il Governatore hanno aggiunto nuovi capitoli a quel lungo romanzo che li vede, un po' per destino, un po' per autodeterminazione, dover assumere la leadership dei propri gruppi, ma il succo è sempre quello. Lo spettatore soffre come i protagonisti della serie per una sopravvivenza che si rivela fine a se stessa, che non conduce ad un obiettivo, che non offre nulla di nuovo: siamo a metà della quarta stagione, e The Walking Dead inizia davvero a tirare la corda. Questo è l'elemento più interessante e rilevante di un episodio che per il resto si presterebbe anche alla solita opera di destrutturazione e sminuzzamento di ogni sua scena e della psicologia, spesso incoerente, dei vari personaggi.
Il suddetto
Mitch è un personaggio la cui velocità della presentazione come feroce e pronto a cedere alla rabbia è pari solo a quella con cui è pronto a cedere e a passare dalla parte del Governatore. Nulla comunque in confronto alla caratterizzazione del Governatore, che da quando mette l'occhio su Martinez diventa un'altra persona, pronta a cedere a quegli scatti di violenza immotivati che, alla fine della scorsa stagione, lo avevano portato a far fuori un gruppo di persone prima di svanire nel nulla. Non funziona la scena "di tensione" nella capanna, non funziona tutta la dinamica degli accampamenti di fatto l'uno a un passo dall'altro, ma queste sono piccolezze: purtroppo a non funzionare è la serie. Lo scorso episodio aveva fatto storcere il naso a molti, ma rappresentava nonostante tutto una buona scommessa, l'ultimo andato in onda è stato un passo indietro troppo pesante, che ci ha riportato dritti ad un anno fa.