The Walking Dead 4x06 "Live bait": la recensione

Buon episodio per la quarta stagione di The Walking Dead, diverso dal solito, incentrato sull'ex Governatore

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Tanta è la voglia di scappare dalla prigione e dai suoi abitanti che sembra basti qualcosa fuori dall'ordinario per portare una ventata di freschezza, sembra basti un intero episodio retto da David Morrissey per vedere una grande interpretazione, sembra bastino quaranta minuti con un Governatore più sofferente di quanto ricordassimo per passare dalla sua parte nel futuro scontro (a questo punto non tanto sicuro) con Rick e gli altri. Sembra, appunto, perché dietro una patina che potremmo definire "intimista" (ma in fondo lo show lo è sempre stato, o almeno ci ha provato) si nascondono i soliti difetti e ingenuità nella scrittura. Ciò non toglie come vedere qualcosa di inatteso (più nelle premesse che nello svolgimento) sia una soddisfazione tale da far balzare Live Bait in cima al gradimento di episodi di questa stagione.

Di fatto non troppo diversa dagli ultimi episodi, un po' fillerosi, della terza stagione inseriti per raggiungere le (troppe) sedici puntate complessive, la puntata di questa settimana si distingue in quanto necessaria parentesi aperta sulle azioni del Governatore dopo la caduta di Woodbury. Da imbonitore malefico a sadico assassino fino a sconfitto vagabondo, lo vediamo, sempre più sosia di Jena Plissken, vagare con aria assente, schivare con nonchalance gli zombie, e rifugiarsi in un modesto appartamento in compagnia di due donne, di una bambina sorprendentemente simile alla figlia scomparsa e al loro padre morente.

Se il termine intimista, sicuramente abusato, ha mai avuto un senso in questa serie, è qui. Salvo alcune sciagurate incursioni al di fuori dell'appartamento, la gran parte dell'episodio si svolge tra le anguste mura della casa: qui universo distaccato dal resto della serie e dal resto del mondo, osserviamo un primo, non sappiamo se destinato a continuare, tentativo di redenzione del Governatore, ora diviso tra la sua vecchia identità (Philip) e quella nuova che cerca di darsi (cambia nome in Brian e brucia le foto del suo passato). Il ritmo non è alto, niente litigate furibonde, niente dialoghi particolarmente impegnati, eppure c'è qualcosa che rende queste scene più vive e vere del solito, forse la necessità di cambiare scenario, forse il semplice desiderio di vedere qualcosa che non siano le malsane decisioni di Rick.

Tutto inizia a guastarsi nell'ultimo segmento di puntata, con la scellerata idea di abbandonare l'appartamento, senza un'urgenza particolare, abbandonando il ritmo dimesso seguito fino a quel punto e, come al solito, alzando l'asticella della tensione che ci accompagna fino alla rivelazione e al collegamento finale (non quello che ci aspetteremmo). Passare in pochi minuti dalla sicurezza dell'appartamento ad una buca nel terreno in compagnia degli zombie è un cambiamento troppo repentino, e ingiustificato, se non per la necessità di dover precipitare tutto fino al twist finale. Dopo l'ottavo episodio The Walking Dead si prenderà una pausa e tornerà il prossimo anno: la sensazione è che i prossimi due episodi ci vedranno ancora in compagnia del Governatore e che arriveremo al mid-season con l'atteso incontro con il gruppo principale.

Sarà scontro o il cammino di redenzione procederà, magari contro un nemico comune (non bisogna nemmeno fare la fatica di cercarlo)? Chiusa nello scorso episodio la parentesi sull'epidemia, si apre ufficialmente la seconda parte di stagione, e la gestione del personaggio dell'ormai ex Governatore si presenta come uno degli snodi cruciali.

Continua a leggere su BadTaste