The Walking Dead 4x01 "30 Days Without an Accident": la recensione
Ritorna The Walking Dead, e ritornano anche alcuni difetti del passato della serie
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30 days without an accident, un episodio con un titolo che è già presentazione di quel periodo di stasi e relativa routine nel quale è immersa la prigione di Woodbury. Nuovi rituali si sostituiscono a quelli consueti, ma la normale vita sociale ha pur sempre bisogno di essere scandita da momenti ripetuti, che diano anche solo l'illusione della serenità. Questo, e l'esigenza della serie di ripartire da un punto fermo e di mostrarci i cambiamenti all'indomani dell'ingrossamento delle fila dei superstiti, ci porta ad una prima metà di episodio calma, rilassata, in cui la stessa uccisione degli zombie che cingono il rifugio viene mostrata come parte della quotidianità. Dall'anarchia delle prime due stagioni alla dittatura di Rick della terza, quello che viene presentato è un gruppo alla pari, nel quale tanto i pilastri storici (Rick, Daryl e Glenn) quanto le new entry (Tyreese e Bob) collaborano per mantenere l'ordine. Svetta con la sola presenza e poche battute assestate Michonne, vera forza attiva di un gruppo femminile che per il resto brilla della luce riflessa dalle relazioni di coppia (Maggie con Glenn e Carol con Daryl) oppure non brilla affatto (Beth) confermando la debolezza nella scrittura che da sempre in particolare caratterizza le donne della serie (Lori e Andrea).
Greg Nicotero riprende in mano la regia dopo la gestione dell'addio di Merle in This Sorrowful Life e puntella l'episodio di una serie di indizi visivi (carcasse di animali, occhi iniettati di sangue) che paiono rivelarsi nell'immancabile cliffhanger che chiude la puntata. E la stessa idea di una pioggia di zombie che arriva dal soffitto non è affatto da sottovalutare quanto a potenziale inespresso. Ciò che veramente manca a The Walking Dead non è la semplice "quota zombie" (anche perché in questa premiere abbondano), ma una scrittura che sappia valorizzare le tensioni che i mostri scatenano, e che per farlo non si appoggi a frasi o scene madri (come Rick che pone le "3 domande" o Beth che sostiene di non piangere più), ma che riesca ad essere più sottile, magari mostrando più fiducia verso lo spettatore.