The Walking Dead 3x01: "Seed – Casa Dolce Casa", la recensione

The Walking Dead è tornato: solo nel pre-sigla accadono più cose e si vedono più non-morti che in tutti i primi sette capitoli stagione 2...

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La season premiere della terza stagione di The Walking Dead ha fatto il suo debutto, col suo ormai abituale bagaglio di record infranti e incrementi negli ascolti.

Ma a colpire in questo episodio non è tanto la prova di forza dei numeri di una serie che ha visto ulteriormente consolidare la presa presso il grande pubblico.

E' la sceneggiatura che arriva e ti sorprende con la stessa drammatica irruenza di un'orda di zombi che ti assale dopo aver voltato l'angolo di un corridoio buio.

In Casa dolce Casa lo showrunner Glen Mazzara, autore degli episodi più riusciti del secondo blocco di episodi della passata stagione, riprende quanto lasciato in sospeso qualche mese fa intabulando un'invitante premessa per il prosieguo della stagione. Solo nel pre-sigla accadono più cose e si vedono più non-morti che in tutti i primi sette capitoli andati in onda l'anno scorso.

Già perché i sopravvisuti, più che dal morso di un decomposto “walker”, paiono essere stati contagiati dal senno della ragione. Dopo un miliardo di meme a sfondo “casalingo” che hanno preso di mira tanto l'insopportabile Carl quanto i suoi genitori biologici, questo sembra diventato un piccolo ometto a cui sono finalmente scesi i testicoli nello scroto. Lori, per lo più, sta zitta, mantiene un basso profilo, non finisce fuori strada su delle vie completamente sgombre di veicoli e quando scambia quattro parole con Hershel si lascia andare a un mini delirio che – sorpresa delle sorprese – può anche sviluppare empatia con lo spettatore.

Rick Grimes – o forse la sua versione alternativa trasportata in un altro universo da un parente invisibile del Dr. Bishop di Fringe – si conferma drasticamente come il leader del gruppo e, alla fine della puntata, prende in mezzo nano secondo una decisione che ci regala un momento all'insegna del gore e dello splatter più spinto. Impossibile non restare spiazzati dopo gli ottocentoventi episodi conditi da millemila tentennamenti e dedicati alla ricerca di una bambina le cui chances di sopravvivenza in solitaria nella Terra dei Morti che Camminano erano inferiori a quelle di un pesce rosso tirato fuori dalla sua boccia e appoggiato su un tavolino a prendere il sole.

Questa season premiere di The Walking Dead pare essere affetta dallo stesso “virus” che affligge il fumetto di Robert Kirkman che lo ha reso un moderno cult dell'arte sequenziale: il dare spazio alla psicologia dei protagonisti e alla tensione. Cosa che nelle prime due stagioni del serial accadeva solamente a sprazzi, con personaggi degni di essere strangolati a mani nude e deviazioni narrative lecite se ben contestualizate, ma, alla fine della fiera, del tutto inutili e fuori luogo.

I superstiti televisivi della saga che ha definitivamente sdoganato gli zombi presso il grande pubblico televisivo hanno ricominciato la loro lotta per la sopravvivenza, accompagnati dal passo incerto, ma deciso, dei morti viventi.

L'importante è che adesso vivi e morti non inciampino sui loro passi.

Nota a margine: Michonne c'è e si vede ancora poco. Ma quando compare davanti ai nostri occhi fa quello che sa fare meglio. Spaccare il c*lo ai nostri adorati putridoni decomposti.

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