The Voyeurs: la recensione

The Voyeurs è un thriller erotico confusionario e sovrabbondante, ma anche stuzzicante e soprattutto aggiornato al mondo dei social e della sovrapposizione tra pubblico e privato

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The Voyeurs: la recensione

Una delle vittime principali del tempo che passa e dei costumi che cambiano in termini cinematografici è stato il thriller erotico; non film dove la gente fa sesso, ma film nei quali fare sesso è il centro di gravità permanente, il cuore di tutta la faccenda. È da anni che non esce un erede di Basic Instinct, o un film bollente ma anche tematicamente coraggioso come Eyes Wide Shut. Michael Mohan, al suo secondo film per il cinema dopo il dimenticabile Save the Date e il cui cognome, al netto della H, sembra scelto apposta per parlare di sesso, ci prova facendosi produrre da Amazon Studios The Voyeurs, già descritto in ogni dove come “un aggiornamento di La finestra sul cortile” ma che in realtà ha relativamente poco del thriller hitchockiano e molto del dramma classico e dello studio di personaggi, e che come suggerisce già il titolo ruota tutto attorno al sesso, spiato, guardato e ovviamente praticato.

Pippa e Thomas sono una giovane coppia di Montreal che ha appena preso in affitto la propria prima casa insieme; lui è Justice Smith, che abbiamo conosciuto per la prima volta in Jurassic World – Il regno perduto, lei invece è Sydney Sweeney, che tra Sharp Objects, Euphoria, The Handmaid’s Tale e l’ultimo film di Tarantino sta rapidamente scalando le gerarchie. Entrambi sono belli, impossibilmente carini insieme e con un’intesa sessuale quasi nulla, che lascia una fessura tra i due che è solo in cerca di un cuneo per allargarsi e diventare una voragine.

Sydney Sweeney

Detto cuneo si manifesta sotto forma della coppia che abita nell’appartamento di fronte, tutto finestroni e open space: i due passano le loro giornate a fare sesso come se sapessero di essere guardati e se la godessero alla grande, e Pippa e Thomas ne rimangono prima affascinati, poi arrapati, e infine ossessionati. The Voyeurs è quindi la storia di una sorta di discesa agli inferi che inizia come uno strano (e comunque inquietante) giochino erotico e si trasforma poi in stalking e infine in inaccettabili intrusioni nelle reciproche vite.

Il modello non è comunque, come potrebbe sembrare da questo breve riassunto, quello di Le relazioni pericolose: The Voyeurs è un film che adotta immediatamente lo sguardo di Pippa e sposta tutto il resto sullo sfondo, per cui la sua componente thriller o di tensione è in gran parte rappresentata dalla paranoia della protagonista (che si sente insieme respinta e affascinata dalla coppia ribattezzata “Brent e Margaret” e dal vizio di spiarli, e anche un po’ in colpa, almeno all’inizio), e molto poco da cose che effettivamente succedono. Eppure nonostante quest’economia di azione, alla quale Mohan preferisce l’eleganza di lunghe inquadrature che accarezzano le protagoniste, oppure l’atto di sbattere in primo piano metafore smaccatissime (Pippa lavora come oftalmologa, per dirne una), The Voyeurs riesce comunque a essere sovrabbondante e anche confusionario: per tutto il secondo atto si ha la sensazione che la storia stia ancora cercando una direzione, e in attesa dell’illuminazione Mohan ripete ossessivamente le stesse situazioni e gli stessi messaggi sulla privacy, il confine tra pubblico e privato e persino il funzionamento dei laser e il fenomeno della rifrazione.

The Voyeurs loro

Dopodiché, più o meno all’improvviso, Mohan decide che ha apparecchiato a sufficienza la tavola e imbastisce un terzo atto che procede a rotta di collo, accumulando twist su twist, sorprese su sorprese, finali su finali come se dovesse recuperare il tempo perduto e ammassare più minutaggio ascrivibile al genere thriller possibile. È uno scarto fin troppo rapido e che porta The Voyeurs in territori quasi assurdi, e a quel punto sta a voi decidere se accettare certi colpi di scena e goderveli, o derubricarli a soluzioni a basso costo per portare a casa la baracca. Certo fa strano vedere un film che fino a quel momento si sforzava di mantenere una certa eleganza formale e ad aggiornare un certo immaginario all’epoca dei social e della condivisione istantanea che sterza di colpo e si tuffa di testa nel camp più becero; ma va quantomeno premiato il coraggio.

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