The Victim: la recensione
In The Victim torna il tema della caccia al mostro online, in un thriller dal finale sorprendente
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Uscita due anni fa e arrivata solo adesso da noi, la miniserie The Victim ha qualcosa in comune con la recente Clickbait. In entrambi i casi c'è la caccia al mostro che viene scatenata online, il desiderio di avere vendetta per abusi commessi. Abusi presunti va detto, e proprio su questa terribile ambiguità di fondo di basa tutto il meccanismo da thriller messo in scena. Dove però Clickbait parlava della presenza in rete, dei social e della loro potenza distruttiva, The Victim si concentra di più sul desiderio di vendetta a tutti i costi. Il conflitto qui è puramente morale: esiste uno spazio di reinserimento per i criminali che hanno scontato la loro pena? Cosa succede quando la giustizia legale è scollegata dal senso di giustizia personale?
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Su questa ambiguità, come detto, si regge tutto il meccanismo alla base di The Victim. Lo stesso titolo è volutamente vago. Chi è la vittima? Il bambino ucciso, la madre tradita dalla giustizia, il presunto innocente perseguitato, lo stesso colpevole a cui è negata la possibilità di rifarsi una vita? La serie scozzese ha il merito di non cercare facili risposte. Conduce quindi lo spettatore attraverso una serie di momenti al limite, la cui lettura dovrebbe essere rimandata alla risposta finale. Craig è o non è l'assassino? Nel rimandare la risposta, la serie cerca allora di costruire un punto di vista slegato da questa considerazione. Lo stesso sul quale i personaggi si interrogheranno ancora e ancora. La vendetta privata è sbagliata, o lo è solo quando il destinatario non c'entra niente?
Complice la breve durata, appena quattro episodi, la serie si presenta come una visione scorrevole – per quanto dura in alcuni momenti – e accattivante. È narrazione di genere, con le sue semplificazioni e forzature, ma pone un conflitto sincero, che viene svelato infine in una scena di grande impatto emotivo.