The Valet, la recensione

Esplicitando la sua dimensione artificiosa, e problematizzando il rapporto tra ricchi e poveri, The Valet si rivela una piacevole commedia romantica

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La nostra recensione di The Valet, disponibile dal 20 maggio su Disney+

"Si va in scena" dice ad un certo punto Olivia Allen (Samara Weaving), co-protagonista di The Valet, esplicitando il meccanismo alla base del film stesso. Lei è una celebre star di Hollywood, piena di soldi e fama, in procinto di presentare il suo nuovo titolo di sicuro successo. Ha una relazione segreta col vanesio miliardario Vincent Royce (Max Greenfield), che continua a professarle il suo amore ma si ostina a non lasciare la moglie. Sempre inseguiti dai paparazzi, vengono colti in flagrante mentre escono da un hotel, quando per pura coincidenza viene immortalato insieme a loro anche Antonio (Eugenio Derbez), il parcheggiatore del titolo di origine ispanica. Lo scandalo è dietro l’angolo, ma la soluzione è a portata di mano: Olivia fingerà che Antonio sia il suo fidanzato, così da salvaguardare le apparenze e il matrimonio di Vincent.

I due cominciano così a frequentarsi, a uscire e a pranzare insieme, concedendosi all’occhio delle spietate telecamere dei giornalisti e degli investigatori assunti dalla moglie di Vincent che sente che qualcosa non torna. La loro relazione è dunque una performance, una recita costruita a tavolino, dove tutti i tratti più tipici della commedia romantica (le atmosfere smielate, i baci), della dinamica del colpo di fulmine tra poli opposti, appaiono esplicitamente nella loro palese artificiosità. The Valet racconta così come le storie zuccherose di questo tipo che spesso sono state raccontate sia possibili sono nella finzione dei media. A questa dimensione il film ne aggiunge poi un'altra, altrettanto interessante.

Ad essere al centro dell’intreccio è infatti soprattutto lo scontro tra due mondi che convivono, quasi inconsapevolmente, nella metropoli di Los Angeles: quello opulento delle star del cinema e dei ricconi, tra auto e case di lusso, e quello modesto degli immigrati spagnoli, dove un’intera famiglia vive in un piccolo appartamento. Il primo tutto apparenza, il secondo tutta sostanza. Olivia e Antonio si ritrovano entrambi catapultati nell’universo dell’altro, trovandosi in grande imbarazzo e difficoltà. Si susseguono una serie di divertenti equivoci, ma emerge allo stesso tempo lo sfruttamento e la coercizione che i benestanti operano sui meno abbienti. Antonio è infatti una semplice pedina in mano dei primi, da usare a loro piacimento, sedotta da un lauto e irrinunciabile compenso, e poi abbandonato non appena terminato il suo scopo.

In The Valet però questa situazione non è destinata a rimanere tale e i personaggi andranno incontro a una parabola e a un percorso di cambiamento, in cui verrà meno la stratificazione di partenza e il film aderirà a dettami più convenzionali. All’attivo, comunque, rimane il modo in cui gli sceneggiatori (Bob Fischer e Rob Greenberg) si prendano il tempo (il film tocca le due ore di durata complessiva) per costruire una galleria di personaggi di contorno buffi e credibili. C’è la madre di Antonio, vedova da oltre 40 anni che ritrova l’amore con il padrone di casa coreano. Ci sono i due detective privati, che nelle lunghe ore di appostamenti finiranno per conoscersi meglio. C’è poi la sottigliezza di chiudere con un finale aperto, che, seppur pregno di un’atmosfera lieta che stride un po' con quanto visto in precedenza, non chiude i protagonisti dentro l'esito più scontato. Così, lo scioglimento ci lascia comunque un sorriso e la sensazione di aver assistito a un film assai piacevole.

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