The Valet, la recensione
Esplicitando la sua dimensione artificiosa, e problematizzando il rapporto tra ricchi e poveri, The Valet si rivela una piacevole commedia romantica
"Si va in scena" dice ad un certo punto Olivia Allen (Samara Weaving), co-protagonista di The Valet, esplicitando il meccanismo alla base del film stesso. Lei è una celebre star di Hollywood, piena di soldi e fama, in procinto di presentare il suo nuovo titolo di sicuro successo. Ha una relazione segreta col vanesio miliardario Vincent Royce (Max Greenfield), che continua a professarle il suo amore ma si ostina a non lasciare la moglie. Sempre inseguiti dai paparazzi, vengono colti in flagrante mentre escono da un hotel, quando per pura coincidenza viene immortalato insieme a loro anche Antonio (Eugenio Derbez), il parcheggiatore del titolo di origine ispanica. Lo scandalo è dietro l’angolo, ma la soluzione è a portata di mano: Olivia fingerà che Antonio sia il suo fidanzato, così da salvaguardare le apparenze e il matrimonio di Vincent.
Ad essere al centro dell’intreccio è infatti soprattutto lo scontro tra due mondi che convivono, quasi inconsapevolmente, nella metropoli di Los Angeles: quello opulento delle star del cinema e dei ricconi, tra auto e case di lusso, e quello modesto degli immigrati spagnoli, dove un’intera famiglia vive in un piccolo appartamento. Il primo tutto apparenza, il secondo tutta sostanza. Olivia e Antonio si ritrovano entrambi catapultati nell’universo dell’altro, trovandosi in grande imbarazzo e difficoltà. Si susseguono una serie di divertenti equivoci, ma emerge allo stesso tempo lo sfruttamento e la coercizione che i benestanti operano sui meno abbienti. Antonio è infatti una semplice pedina in mano dei primi, da usare a loro piacimento, sedotta da un lauto e irrinunciabile compenso, e poi abbandonato non appena terminato il suo scopo.