The Trapped 13, la recensione

Dopo la versione Thai, il documentario inglese e il film di Ron Howard, è The Trapped 13 di Pailin Wedel la versione più coinvolgente ed emozionante famosa vicenda di cronaca.

Condividi

La recensione di The Trapped 13, su Netflix dal 5 ottobre

Ci sono voluti ben quattro adattamenti audiovisivi per tirare fuori quello che meglio raccontasse il famoso fatto di cronaca che nel 2018 scosse la Thailandia e il mondo intero: quello che vide una squadra di calcio di dodici ragazzini e il loro allenatore intrappolati in una grotta allagata per più di due settimane. Dopo la versione Thai, il documentario inglese e il film di Ron Howard, è infatti The Trapped 13 della documentarista e fotoreporter Pailin Wedel ad essere non solo la versione più coinvolgente ed emozionante della vicenda, ma anche la più intelligente ed originale.

La storia è sempre quella: alla fine del giugno 2018 la squadra di calcio dei Wild Boars dopo un normale allenamento si reca nella grotta di Tham Luang per fare una gita avventurosa. Una pioggia imprevista (solitamente la stagione delle pioggie inizia a luglio) costringe tuttavia i ragazzi ad una sopravvivenza mozzafiato mentre team di speleologi, sommozzatori e forze speciali provenienti dal mondo intero si adoperano per riuscire a tirarli fuori prima che sia troppo tardi.

Come abbiamo già visto nei precedenti adattamenti, la problematica più grossa era proprio la resa cinematografica di una vicenda che in realtà di cinematografico aveva ben poco (certo, incredibile l’impresa… ma stiamo sempre parlando di rendere dinamica ed interessante una grotta buia e senza nulla). Pailin Wedel sceglie quindi come The Rescue (il doc inglese) la via della non-fiction, usando però diversamente da questo una linearità cronologica che si basa tutta sull’idea di un'azione che procede lungo il film, essendo infatti l’evento semplicemente raccontato dai ragazzi stessi (quelli veri!) davanti ad una telecamera mentre parlano della vicenda al tempo presente. Ed ecco che siamo immediatamente immersi anche noi.

Con una minuzia di dettagli e di backstories sulle personalità e le caratterstiche di ogni ragazzino, The Trapped 13 usa in voice over le voci dei protagonisti mentre visivamente offre una ricostruzione con attori di ciò che stiamo ascoltando. L’effetto-verità, come nei format televisivi true crime, è immediato: l’attenzione rimane sempre alta, e anche se sappiamo come andrà a finire ciò che Pailin Wedel riesce ad aggiungere è la curiosità verso una prospettiva tanto ovvia quanto ignorata da tutti gli adattamenti precedenti: quella dei ragazzi.

The Trapped 13, forse furbamente, o forse semplicemente perché era l’idea più accattivante, risponde infatti con intelligenza e buone dosi di tensione al morboso interrogativo che ad ognuno di noi sarà balenato in testa: come ci si sente ad essere quasi certi che si sta per morire? Cosa si pensa in quei momenti? Come si riesce a mantenere alto il morale?

Evitando quindi la lezioncina morale e/o patriottica, o la mera vulgata eroica dei soccorritori, The Trapped 13 riporta la storia ai suoi veri protagonisti, facendo emozionare e coinvolgere senza troppi fronzoli. Privandosi di bandiere, lacrime facili o qualunquismi. Chepeau.

Siete d’accordo con la nostra recensione di The Trapped 13? Scrivetelo nei commenti!

Vi ricordiamo che BadTaste è anche su Twitch!

Continua a leggere su BadTaste