The Tomorrow Children, la recensione

Un sandbox ambientato in un mondo pseudocomunista: la recensione di The Tomorrow Children

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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E' difficile affermare con decisione che The Tomorrow Children sia videogioco, piuttosto che un mero esperimento. Un videogioco sperimentale no? No, semplicemente perché manca, alla produzione di Q-Games e SIE Japan Studio, quel grado di coerenza, profondità del gameplay e solidità dell'offerta ludica atto a renderlo un'opera compiuta. Si tratta di un titolo particolare, certamente, interessantissimo nelle sue premesse, ma che fallisce in maniera abbastanza chiara nel proporre un'esperienza di gioco intrigante, soddisfacente, godibile. Si nasconde sotto la sua direzione artistica, sotto le sue singolari atmosfere, ma appena si solleva la coperta quello che c'è sotto è davvero poco.

La distopia pseudocomunista che dona carattere al gioco è, probabilmente, quanto più funziona del videogioco. Si viene catapultati senza troppe premesse in un mondo strano, nel quale il vuoto domina uno spazio sporcato, qua e là, da piccolissime macchie, le città, città che odorano di regime e guerra fredda, di controllo della popolazione e della produzione, di piani quinquennali e militarismo. Una sorta di Unione Sovietica quindi, nel quale lo strumento della fatica, della produzione è la donna, che tutto può essere, da costruttrice a militare a minatrice, ma senza che al suo ruolo corrisponda un adeguato sistema di diritti. La facoltà di votare, agire liberamente, avere accesso a strumenti ed armi migliori si compra, col sudore della fronte.

[caption id="attachment_160482" align="aligncenter" width="600"]The Tomorrow Children screenshot The Tomorrow Children - screenshot[/caption]

Si è quindi subito inquadrati, come giocatori e controllori di un avatar votato al sacrificio, in un sistema che, abbastanza coerentemente con quelle che sono le premesse ideologiche del gioco, stimola ad una sola cosa: lavorare, lavorare, lavorare. Il che significa picconare, scavare, ottenere risorse, costruire edifici, difendere la città dai mostri. Tendenzialmente in questo ordine, ed è quanto basta a descrivere l'intero gameplay di The Tomorrow Children, Che è scarno, essenziale, ripetitivo, un bene in termini di coerenza dell'opera, perché di un videogioco basato sull'idea di sfruttamento stiamo parlando, ma un male se si pensa all'intrattenimento in senso stretto. Perché sì, ha il suo senso, la sua logica, segue anche una certa progressione, dando sempre più possibilità di raccolta e azione al giocatore, ma a lungo termine stanca.

"Si è subito inquadrati in un sistema che, abbastanza coerentemente con quelle che sono le premesse ideologiche del gioco, stimola ad una sola cosa: lavorare, lavorare, lavorare"

Prova allora il gioco a stimolare il giocare rendendolo partecipe di dinamiche collettive, perché nelle città, tra le quali ci si può spostare liberamente, non si è soli, ma agiscono altri giocatori, che non si vedono però come in un MMO: piuttosto, se ne vede l'agire, gli edifici che sorgono, le palle di cannone lanciate contro i mostri, le risorse che vengono depositate, la città che cresce insomma. Funziona discretamente questo appello alla collettività, non cambia ovviamente quelle che sono le basi del gameplay e quanto elargiscono in termini di divertimento, ma l'essere formichina laboriosa, un piccolo ingranaggio di una macchina molto più grande stuzzica, almeno a tratti. Poi si deve per forza fare i conti con la ripetitività del tutto.

[caption id="attachment_160481" align="aligncenter" width="600"]The Tomorrow Children screenshot The Tomorrow Children - screenshot[/caption]

Quanto The Tomorrow Children propone non è quindi in definitiva bastevole a soddisfare il giocatore. Il problema non è la particolarità dell'esperienza di gioco proposta, comunque di base non attraente per tutti, ma la sua estrema basilarità, affine alle atmosfere da regime comunista, poco stuzzicante per il giocatore, costretto a ripetere troppe volte le stesse, poche azioni. Buone le idee di base, insufficiente la loro implementazione.

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