The Third Day (prima stagione): la recensione
La recensione di The Third Day, la miniserie con star Jude Law e Naomie Harris, serie che fonde con intelligenza misteri e dramma umano
La storia ha preso il via con Sam (Jude Law) che si imbatte in una ragazza in evidente difficoltà, decidendo di accompagnarla dalla sua famiglia sull'isola di Osea, raggiungibile solo quando la marea si ritrae rivelando la strada. L'uomo ha con sé una grande somma di denaro che ha rubato ed è alle prese con molti problemi personali, essendo l'anniversario della morte del figlio Nathan. Sam sull'isola fa i conti con una comunità apparentemente accogliente, estremamente religiosa e misteriosa, avvicinandosi immediatamente a Jess (Katherine Waterston), una madre di due figli il cui rapporto con il marito non è dei migliori. Il protagonista si rende ben presto conto che non tutto è ciò che sembra e ci sono dei segreti che lo mettono in pericolo oltre a legarlo all'isola e alla mitologia di Osea. Dopo un evento trasmesso live della durata di 12 ore che si è svolto sull'isola, e ha coinvolto anche Jude Law e la star della musica Florence Welch, la miniserie ha compiuto un salto temporale dall'Estate, stagione in cui Sam arriva ad Osea, all'Inverno, quando Helen (Noamie Harris) giunge ad Osea con le figlie Ellie (Nico Parker) e Talulah (Charlotte Gairdner-Mihell) e trova una comunità divisa e una tensione crescente.
Nonostante la location unica diventi un personaggio della storia a tutti gli effetti, assistendo alle performance dell'intero cast è impossibile non notare l'impronta teatrale degli script che ruotano su momenti chiave composti da confronti e momenti di riflessione che potrebbero svolgersi senza alcun problema, con un ovvio adattamento scenico, su un palcoscenico. Le tematiche al centro di The Third Day sono universali e ben gestite: dall'amore per i propri figli alla ricerca di una "guida", dal bisogno di sentirsi parte di una comunità alla resilienza, senza dimenticare la voglia di potere e la fede cieca in qualcosa di intangibile
Il ridotto numero di episodi rende invece quasi impossibile approfondire in modo adeguato tutti i personaggi coinvolti nella storia e dispiace un po' che Katherine Waterston nel ruolo di Jess non abbia avuto un atto della miniserie totalmente da protagonista, mentre la coppia composta da Paddy Considine ed Emily Watson, interpreti dei coniugi Martin, è una presenza enigmatica che possiede la giusta dose di normalità e follia che la rende così efficace e memorabile.
La fotografia curatissima e una colonna sonora (firmata da Cristobal Tapia de Veer e Dickon Hinchliffe) contribuiscono a costruire un'esperienza televisiva che, nonostante dei punti deboli, coinvolge con la sua capacità di addentrarsi nella mente e nell'animo di due persone messe di fronte al lutto e che devono capire se vogliono lasciarsi andare o lottare contro la corrente che li sta trascinando verso il dolore e le macerie di ciò che è stato.