The Strangers: Capitolo 1, la recensione: tra omaggi e déjà vu

Il reboot di The Strangers torna con il Capitolo 1, ma tra vecchi cliché e nuovi riferimenti non offre un'esperienza innovativa nel genere dell'home invasion

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La recensione di The Strangers - Capitolo 1, al cinema dal 28 novembre.

Coppia finisce in Airbnb con proposta di matrimonio sospesa e una ragazza alla porta che chiede se c'è Tamara. Partiranno home invasion, killer incappucciati e la canzone Sprout and the Bean (2004) di Joanna Newsom che si ascolta placidamente riprodotta in un momento particolarmente violento. Ricorda qualcosa?

Nella frenesia di oggi un film del 2008 come The Strangers, per la regia e sceneggiatura di Bryan Bertino, deve essere considerato del 1700. È così che hanno ragionato i produttori del trittico già girato in back to back The Strangers di cui ora esce il Capitolo 1. Bryan Bertino compare come soggettista quindi ha aderito all'operazione di reboot non solo come “semplice” padre della intellectual proprierty. Alla regia l'avventuriero sessantacinquenne finlandese Renny Harlin avvezzo a simili meccanismi di franchise visto che ha diretto Nightmare 4 (1988), Die Hard 2 (1990), un prequel de L'esorcista (2004) e pure Reunion 3 (2021) nella terra madre finlandese.

Stavolta la coppia è composta da due tardo millennial dove il maschio è asmatico, apparentemente disoccupato e appassionato di cheesburger con extra bacon e formaggio mentre la signora è vegana e in carriera. Lei predilige il liquore, lui le birre ghiacciate. Lei avrà un lavoro a Portland e lui dovrà seguirla. Un tempo era sempre il contrario.

Ci sono parecchie differenze con il film del 2008 con Liv Tyler e Scott Speedman e tutto questo può essere divertente (ma solo se sei un patito di questo genere, altrimenti perché dovresti ricordartele?), ma quando cominciano gli inseguimenti e gli ammazzamenti tutto diventa già visto e rivisto, al quadrato però. Già il film di Bertino non è che fosse Quarto potere rispetto ai classici home invasion, anche d'autore, come Funny Games (1997) di Haneke (che si rifece a Hollywood nel 2007) o il testosteronico oggi politicamente scorretto Cane di paglia (1971) di Peckinpah.

Non sappiamo dove andranno a parare gli altri due capitoli ma una cosa è certa: il cinema sta diventando sempre più un gioco editoriale dove puoi divertirti a compiere degli esercizi di stile da format o template precedentemente già proposti allo spettatore. La platea è aumentata a dismisura rispetto al passato e tutto può essere rimasticato nell'offerta massiccia di oggi. Non possiamo non pensare all'acuto trittico X (2022), Pearl (2002) e MaXXXine (2024) recentemente conclusosi ad opera della coppia regista-star Ti West + Mia Goth.

Questa operazione sembra la sorella sfigata. Ma vedremo dove andranno a parare.

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