The Strangers 2: Prey At Night, la recensione

Ampliando lo scontro Strangers 2 si apre ad un villaggio di piccole case con il medesimo atteggiamento del primo ma non la stessa forza

Critico e giornalista cinematografico


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Dopo dieci anni The Strangers ha anche lui il suo sequel che ne amplia i presupposti. Non più una casa ma un villaggetto residenziale fatto di pessime case facili da violare. Gli individui mascherati rimangono, come rimane il mistero che guida le loro azioni. Perché irrompono nella vita della famiglia protagonista? Perché vogliono ucciderli? Cosa li lega tra loro? Il film originale non rispondeva a nulla, si limitava a proporre una situazione di tensione come se la cogliessimo in media res, dopo l’inizio e prima della fine. Era un gioiello di sbriciolamento di tutte le sicurezze su cui sono fondate le società occidentali (inviolabilità della proprietà, sicurezza familiare, certezza dell’intervento delle forze dell’ordine...). Questo invece è un film più nichilista e decisamente meno sofisticato.

Fin dall’inizio Johannes Roberts guarda a Carpenter, usa quel tipo di colonna sonora, quell’asciuttezza e quell’attenzione ad inserire il massacro in una cornice che abbia un senso drammaturgico. Caratteristica tra le più intelligenti del primo film era di iniziare con i protagonisti reduci da una furiosa litigata, lei in lacrime, lui chiuso nel mutismo. Non sapremo mai perché ma quello era il terreno su cui si inseriva la minaccia. Il sequel lo replica ma senza quell’astrazione. La famiglia protagonista è ai minimi storici, pronta ad essere divisa ma purtroppo la minaccia non sembrerà rappresentare la loro divisione. Come tutti gli espedienti che sono copiati e non inventati non ha il medesimo senso che aveva nell’originale.

Ci vorranno buoni 30 minuti per arrivare al dunque, una mezz’ora che getta le basi narrativa e gioca non benissimo con lo spettatore e le sue aspettative, annunciando l’arrivo dei killer. Sarà poi il resto del film a contenere il deflagrare della minaccia in un tripudio classico di assassini onnipotenti che sono sempre dove il protagonista non guarda, non si fanno male con le stesse cose con le quali si fanno male loro e non hanno mai fretta. Anzi. Sono la personificazione della paura e dell’incubo che si concede dei momenti di messa in scena creativa con sottofondi di canzoni anni ‘80 commerciali (là dove il resto del film opta per uno score elettronico coerente con le velleità carpenteriane).

Mediocre fino alla morte (letteralmente) l’unico aspetto che realmente stupisce e conquista di The Strangers 2 arriva nel finale, troppo tardi, ed è un senso forte di nichilismo espresso dai killer che nonostante non parlino praticamente mai sembrano desiderare la propria morte tanto quanto quella delle loro vittime. Non fanno molto per evitarla e anzi a tratti sembra la cerchino. Autodistruttivi come la società che li ospita e (si presuppone) li ha generati, i tre individui mascherati uccidono senza un perché e non hanno timore di morire essi stessi, come se vivere non contasse più niente per nessuno.

Un finalissimo tra Christine - La Macchina Infernale e Non Aprite Quella Porta non farà altro che alzare il tasso delle velleità con modelli irraggiungibili.

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