The Strangers 2: Prey At Night, la recensione
Ampliando lo scontro Strangers 2 si apre ad un villaggio di piccole case con il medesimo atteggiamento del primo ma non la stessa forza
Fin dall’inizio Johannes Roberts guarda a Carpenter, usa quel tipo di colonna sonora, quell’asciuttezza e quell’attenzione ad inserire il massacro in una cornice che abbia un senso drammaturgico. Caratteristica tra le più intelligenti del primo film era di iniziare con i protagonisti reduci da una furiosa litigata, lei in lacrime, lui chiuso nel mutismo. Non sapremo mai perché ma quello era il terreno su cui si inseriva la minaccia. Il sequel lo replica ma senza quell’astrazione. La famiglia protagonista è ai minimi storici, pronta ad essere divisa ma purtroppo la minaccia non sembrerà rappresentare la loro divisione. Come tutti gli espedienti che sono copiati e non inventati non ha il medesimo senso che aveva nell’originale.
Mediocre fino alla morte (letteralmente) l’unico aspetto che realmente stupisce e conquista di The Strangers 2 arriva nel finale, troppo tardi, ed è un senso forte di nichilismo espresso dai killer che nonostante non parlino praticamente mai sembrano desiderare la propria morte tanto quanto quella delle loro vittime. Non fanno molto per evitarla e anzi a tratti sembra la cerchino. Autodistruttivi come la società che li ospita e (si presuppone) li ha generati, i tre individui mascherati uccidono senza un perché e non hanno timore di morire essi stessi, come se vivere non contasse più niente per nessuno.