The Stranger: la recensione
The Stranger è un classico thriller che ruota intorno ai segreti, ma che accumula troppe deviazioni che rischiano di compromettere la visione
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Parte col botto, ma cade nell'anonimato The Stranger, nuova miniserie arrivata su Netflix lo scorso 30 gennaio. Si tratta di un thriller di impostazione classica, forse troppo, dove le molteplici storyline si confondono l'una nell'altra, a volte legate, più spesso no. Il punto centrale delle varie vicende rimangono allora i segreti, gli eventi celati, le parole non dette soprattutto in famiglia. Il tutto appoggiandosi ad un buon cast nel quale spiccano Richard Armitage e Hannah John-Kamen. Una premessa che non chiede troppo allo spettatore, ma che al tempo stesso non va oltre la visione fugace.
Ci si aspetterebbe a quel punto una spinta propulsiva dell'intreccio in avanti, l'inizio di una corsa in otto episodi. In realtà, di lì a breve, lo show entra in una lunghissima parte centrale che non abbandonerà fino a mezz'ora dalla conclusione. Ma, appunto, questa non è solo la storia di Adam. Accanto a lui ci sono le storie dei figli, soprattutto di quello maggiore. E c'è tanto che rimpolpa la vicenda accanto a quella principale. C'è un ragazzo scomparso, due donne che hanno come missione ideale quella di svelare segreti, storie personali tanto di persone legate ai protagonisti quanto di quelle incaricate delle indagini. Perfino il mistero di un alpaca decapitato.
Tuttavia, è la coesione della storia a mancare, nel momento in cui la trama è narrata come una lenta successione di eventi paralleli, piuttosto che come una vicenda che corre in avanti nutrendo se stessa. Infine The Stranger concede una chiusura schematica nella quale, come in un giallo classico, ogni anello della catena si lega al successivo fino a ricostruire la storia. Perfino concedendosi qualche scelta poco conciliante, ma non ripagando del tutto la visione.