The Spectrum Retreat, i colori dell’enigma – Recensione
Un puzzle game che ricorda Portal sviluppato da un piccolissimo team: la recensione di The Spectrum Retreat
The Spectrum Retreat si ispira dichiaratamente a produzioni come Portal. Prima persona, narrazione enigmatica ed asciutta, gameplay votato alla risoluzione di enigmi basati sulla pura logica. Questo è, ad una prima occhiata, il suo potenziale difetto peggiore. Impossibile infatti non essere assaliti da una sensazione di già visto mettendo mano al gioco.
[caption id="attachment_187542" align="aligncenter" width="1920"] Gli enigmi non sono mai banali, soprattutto nelle fasi più avanzate[/caption]
In breve, ogni sfida è composta da aree più o meno ampie, composte da più o meno porte, che possono essere attraversate solo dopo aver catturato un colore specifico attraverso una sorta di smartphone avveniristico.
"Va dato atto a The Spectrum Retreat di offrire una curva di apprendimento perfetta"Va dato atto a The Spectrum Retreat di offrire una curva di apprendimento perfetta. Morbida inizialmente, poi sempre più ripida ma mai fastidiosa. Gli enigmi allo stesso modo sono abbastanza stimolanti, sempre diversi e, tendenzialmente, è difficile ritrovarsi di fronte a qualcosa di giù affrontato in precedenza.
Sfide che, lo ricordiamo, sono basate interamente sulla logica. Proprio per questo capiterà anche di dover ricominciare da capo interi livelli nel caso ci si sia sbagliati nel manovrare i colori, complice la fretta magari. Un elemento che può dare fastidio all’inizio e anche più in là nell’avventura, quando i livelli iniziano ad essere sempre più lunghi e fallire può significare dover ripetere sezioni da svariati minuti.
[caption id="attachment_187543" align="aligncenter" width="1348"] L'estetica del gioco è davvero ben curata[/caption]
Appurato che, come puzzle game, The Spectrum Retreat è davvero brillante, l’aspetto carente della produzione è sicuramente il comparto narrativo.
L’avventura inizia in un hotel in cui, a prescindere dalla manovalanza composta da robot inespressivi, non sembra esserci nessun altro. Tranne la persona all’altro capo dello smartphone che guiderà il giocatore, fornendogli istruzioni e compiti da svolgere nei momenti tra una serie di enigmi e l’altra.
Nell’albergo è evidentemente successo qualcosa, e mano a mano andremo a scoprire i misteri dietro a questa situazione enigmatica. I quadri riveleranno dettagli sempre meno criptici, così come ci saranno altre occasioni per dipanare il mistero. Tuttavia il ritmo in queste sezioni è molto lento, perché inframezzato da lunghe camminate senza alcun tipo di verve, costretti a svolgere degli incarichi che sono tutto fuorché invitanti. In breve si finisce per voler terminare in fretta le sequenze narrative per tornare alle ben più esaltanti fasi di risoluzione degli enigmi. Un peccato, perché inevitabilmente le buone intenzioni c’erano tutte, partendo anche da un doppiaggio ottimo per una produzione del genere.
L’ultima criticità, che lascia il tempo che trova considerando il budget e le dimensioni esigue dello studio, non possiamo non sollevarla di fronte all’aspetto tecnico. Su PlayStation 4, la versione giocata, abbiamo trovato ben poco lungimirante la necessità di utilizzare il touchpad per interagire con gli oggetti nelle fasi narrative, quando sarebbe stato ben più intuitivo utilizzare un semplice tasto. Inoltre, l’estetica non è di certo raffinata, con texture molto banali e le ambientazioni dell’albergo molto spoglie (quelle dei puzzle sono volutamente minimali ed anzi, sono davvero piacevoli come estetica), ed una conta poligonale molto esigua.