The Sixth Gun voll. 1-4, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi i quattro volumi di The Sixth Gun, di Cullen Bunn e Brian Hurtt pubblicati da ReNoir Comics

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Se voi viveste negli Stati Uniti dell'epoca dei cowboy e dei pistoleri che spadroneggiano per le strade di frontiera, e contemporaneamente in una terra fantasy abitata da spiriti maligni, sette di monaci guerrieri, stregoni vudù e zombi che predicono il futuro, probabilmente vorreste essere Drake Sinclair. Un avventuriero dal passato decisamente burrascoso, le cui mani non sono affatto candide, che conosce tutte le regole del gioco. O almeno è in grado di comportarsi come se le conoscesse anche quando non ha la minima idea di cosa sta succedendo. Sa sparare, certamente, anche se non pare sia il più veloce pistolero tra i confini di Canada e Messico. La verità è che è uno di quelli che trova sempre il modo di sopravvivere e ha pochissimi amici, ma quelli che ha sono piuttosto in gamba. Per il resto, quasi tutti hanno un motivo per detestare Drake o per non fidarsi affatto di lui. Questi ultimi, in particolare, fanno benissimo.

Se avete già letto la nostra recensione del primo volume di The Sixth Gun, già sapete che si è trovata a dover per forza fare affidamento su di lui la giovane Becky Montcrief, riluttante detentrice della sesta pistola, l'ultima e forse più potente tra le sei armi mistiche che da millenni attraversano le ere, cambiando forma per adattarsi alle varie epoche, portando sventura a tutti coloro che ne incrociano il cammino. Le sei pistole sono probabilmente gli artefatti magici più potenti che esistano al mondo e tutti coloro che sono informati della loro esistenza si trovano a dover prendere parte, a decidere se dedicheranno la vita ad impossessarsene, ad impedire che esse vengano usate. Il problema è che diventa difficile stabilire se sono loro a possedere te, una volta che le hai trovate ed agguantate, o al contrario sei tu ad utilizzarle. La prima ipotesi sembra più probabile, anche se Drake e Becky, dopo averle sottratte alla banda di non-morti del Generale Hume e dei suoi scagnozzi, nel primo volume, ora paiono controllarle a volontà. Ma ci sono sette, bande, creature mondane e dell'aldilà, oltre a tutto quel che sta nel mezzo, sulle tracce delle sei, il cui mistero non farà altro che infittirsi, man mano che i nostri protagonisti scopriranno particolari su di esse.

Sono usciti quattro volumi in tutto, in Italia, e la storia raccontata da Cullen Bunn per le matite di Brian Hurtt non ha fatto altro che migliorare. Se vi avevamo detto, dopo la lettura della prima pubblicazione, che questo fumetto non aveva il coraggio di scegliere il suo tono, restando a metà del guado tra avventura per ragazzi e progetto narrativo più complesso e strutturato, oggi possiamo affermare senza tema che ci eravamo sbagliati. The Sixth Gun è una serie classicissima, che non si fa problemi a dichiararlo ad ogni pagina, nei colori vivissimi delle sue tavole e nelle trame sempre dinamiche e dal ritmo forsennato che mette in scena. Con l'andare della lettura, il parco dei suoi personaggi di arricchisce e si complica, le vicende secondarie si ramificano e conosciamo meglio i personaggi senza bisogno di chissà quale sforzo di approfondimento psicologico. Cullen Bunn ci mostra Drake, Becky e tutti coloro che gravitano attorno nel momento dell'azione, anche quando si concentra sul passato dei singoli sventurati coinvolti nel turbine di eventi che le pistole si portano appresso.

Ci sbagliavamo anche sull'incertezza di genere, a metà tra western e mistica. Cullen Bunn è abilissimo nel farci dimenticare anche solo il fatto che queste due atmosfere narrative collaborino nel rendere possibile l'esistenza di The Sixth Gun, che ben presto si dimostra una storia che si regge su regolamenti propri, non scritti, non consegnati al lettore, ma ferrei per i personaggi. Le storie che si dipanano nei quattro volumi hanno un tempo di lettura ridottissimo, non certo per assenza di dialoghi o perché i protagonisti non abbiano una buona dose di cose da dirsi. Bunn non ha bisogno di spiegare granché, perché i suoi personaggi sono sempre credibili, sempre in movimento e del tutto coinvolgenti. In questo modo, le componenti di genere che lo sostengono o li abbracciano, si fondono senza sforzo man mano che ci si immerge nella coinvolgente lettura di The Sixth Gun, che sorprende soltanto quando, voltata l'ultima pagina a propria disposizione, ci si sofferma su quel che si è appena letto per scriverne una recensione.

Insomma, se non fate il mestiere di chi vi scrive, avrete davanti un fumetto che vi coinvolgerà in maniera talmente naturale e scorrerà in modo così semplice e sereno, che sarete tentati di considerarlo poco rilevante solo in un primo momento. In realtà, The Sixth Gun fa perfettamente quel che si prefigge: intrattenere. Non ci sono visioni del mondo, non ci sono messaggi personali in questa storia. Non c'è nemmeno un'esibizione di abilità, un desiderio di mettere in mostra la natura autoriale della narrazione in atto, che spesso troviamo percepibile e sottilmente fastidiosa in lavori anche più pregevoli di questa avventura. Bunn e Hurtt sono al totale servizio della storia, in questo caso, e ve ne consegnano una incredibilmente divertente.

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