The Sixth Gun voll. 1-4, la recensione
Abbiamo letto e recensito per voi i quattro volumi di The Sixth Gun, di Cullen Bunn e Brian Hurtt pubblicati da ReNoir Comics
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Se avete già letto la nostra recensione del primo volume di The Sixth Gun, già sapete che si è trovata a dover per forza fare affidamento su di lui la giovane Becky Montcrief, riluttante detentrice della sesta pistola, l'ultima e forse più potente tra le sei armi mistiche che da millenni attraversano le ere, cambiando forma per adattarsi alle varie epoche, portando sventura a tutti coloro che ne incrociano il cammino. Le sei pistole sono probabilmente gli artefatti magici più potenti che esistano al mondo e tutti coloro che sono informati della loro esistenza si trovano a dover prendere parte, a decidere se dedicheranno la vita ad impossessarsene, ad impedire che esse vengano usate. Il problema è che diventa difficile stabilire se sono loro a possedere te, una volta che le hai trovate ed agguantate, o al contrario sei tu ad utilizzarle. La prima ipotesi sembra più probabile, anche se Drake e Becky, dopo averle sottratte alla banda di non-morti del Generale Hume e dei suoi scagnozzi, nel primo volume, ora paiono controllarle a volontà. Ma ci sono sette, bande, creature mondane e dell'aldilà, oltre a tutto quel che sta nel mezzo, sulle tracce delle sei, il cui mistero non farà altro che infittirsi, man mano che i nostri protagonisti scopriranno particolari su di esse.
Ci sbagliavamo anche sull'incertezza di genere, a metà tra western e mistica. Cullen Bunn è abilissimo nel farci dimenticare anche solo il fatto che queste due atmosfere narrative collaborino nel rendere possibile l'esistenza di The Sixth Gun, che ben presto si dimostra una storia che si regge su regolamenti propri, non scritti, non consegnati al lettore, ma ferrei per i personaggi. Le storie che si dipanano nei quattro volumi hanno un tempo di lettura ridottissimo, non certo per assenza di dialoghi o perché i protagonisti non abbiano una buona dose di cose da dirsi. Bunn non ha bisogno di spiegare granché, perché i suoi personaggi sono sempre credibili, sempre in movimento e del tutto coinvolgenti. In questo modo, le componenti di genere che lo sostengono o li abbracciano, si fondono senza sforzo man mano che ci si immerge nella coinvolgente lettura di The Sixth Gun, che sorprende soltanto quando, voltata l'ultima pagina a propria disposizione, ci si sofferma su quel che si è appena letto per scriverne una recensione.