The Shrouds, la recensione | Cannes 77
Perverso, malato, affascinato dalla morte e dai complotti The Shrouds, è un film di parola che però funziona solo quando ricorre ai classici
La recensione di The Shrouds, il nuovo film di David Cronenberg con Vincent Cassel, presentato in concorso al festival di Cannes
Il più grande è quello dietro all’attacco vandalico subito dalla proprietà di quest’uomo, un cimitero tecnologico, in cui i cadaveri possono essere guardati dalla superficie, tramite uno schermo e una tecnologia particolari. Ci sono degli attivisti che protestano contro la tecnologizzazione della sepoltura, e quindi sono i primi indiziati per l’azione. Nei giorni che seguono un informatico diventato hacker, la sua ex moglie, una donna non vedente e altre persone gireranno intorno a questo protagonista sempre spaesato ma determinato a capire cosa sia successo al suo cimitero, funestato da sogni terribili della moglie deceduta con il fisico pieno di cicatrici che diventano fantasie erotiche, massacrando la sua psiche.
Non aiuta che intorno a lui le ipotesi di complotto si avvicendino una dopo l’altra, fino alla totale confusione. Si capisce chiaramente che quello è uno dei punti forti del film, ma The Shrouds non lo sviluppa con la medesima pregnanza con cui, ancora una volta (sempre e comunque), un film di Cronenberg trova il suo senso quando si rifugia nei classici, quando introduce una donna che si eccita a sentire complotti (idea fenomenale), quando mette in relazione il corpo rotto, pieno di cicatrici e fragile con il sesso e le solite forme peculiari di eccitazione. L’impossibilità di leggere la realtà in uno scenario in cui tutto viene accusato di essere un complotto è così un tema accennato, così poco messo in relazione con il resto del film e soprattutto così ordinario nella sua formulazione, mettendo in mezzo russi, cinesi, hacker, doppi e tripli giochi, la sorveglianza e gli inganni informatici, che non rende giustizia al genio di David Cronenberg.