The Shift, la recensione | Roma 15

Pensato per essere un film teso che nasconde delle idee d'autore, The Shift non è davvero teso come promette e non è così sofisticato come vorrebbe

Critico e giornalista cinematografico


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The Shift è il gemello dinamico di L’età giovane dei fratelli Dardenne. Ha un protagonista in tutto e per tutto simile, è ambientato in Belgio e racconta di un sistema di reclutamento e radicalizzazione di ragazzi simile. Se quello dei Dardenne era un racconto di terrorismo da quartiere, piccoli crimini e piccole intenzioni con un amore di mezzo, questo è un racconto più grande come prospettiva, addirittura quasi d’azione (quasi) che prende spunto da svolgimenti commerciali per nascondere il suo essere altro.

In una scuola esplode una bomba, due studenti si sono fatti saltare in aria per ragioni religiose, delle molte ambulanze che accorrono a soccorrere quella che seguiamo carica, senza saperlo, uno dei due attentatori che non aveva fatto in tempo a innescare la sua bomba. Se ne rendono conto solo una volta a bordo e in corsa verso l’ospedale, vedendo la cintura di esplosivi, è il momento in cui il ragazzo si sveglia e li ricatta di farsi saltare in aria lì per lì se non fanno quello che vuole.

Poteva essere una variazione sull’idea cruciale di Speed, cioè un mezzo che viaggia e viaggia, obbligato da una minaccia senza modo di poter fare qualcosa per liberarsi dal ricatto. Ma ben presto The Shift preferisce prendere la strada di Elephant, preferisce cioè indagare le vite degli attentatori, esplorare e capire da dove venga questa voglia. I due paramedici protagonisti sono affiancati dalla polizia che investiga e cerca di trovare quest’attentatore senza sapere che è in quell’ambulanza.

C’è allora il dolore dei genitori, c’è l’imam che l’ha radicalizzato, c’è il desiderio del ragazzo di credere in qualcosa di più grande e c’è l’umanità della donna con cui ha a che fare. Peccato però che il cuore del film sia di tensione senza che il film la crei davvero. Dovremmo stare sulle spine per la vita dei paramedici minacciati e dovremmo essere incalzati da mille eventi che incontrano sulla loro strada mentre il ragazzo gli ordina cosa fare e dove andare ma in realtà non funziona così. Non c’è mai vero rischio e non ci sono nemmeno i meccanismi elementari della suspense (senza contare che abituati come siamo a protagonisti d’azione in quelle situazioni ci fa un po’ fatica vedere una persona normale con tutte le paure che la bloccano dal fare qualcosa e prendere l’iniziativa, ma è un problema che ha solo chi guarda cinema d’azione).

Nonostante un Adamo Dionisi sempre capace di attirare lo spettatore, di risultare magnetico, interessante e potente a prescindere dal ruolo e dal numero di battute (qui in contro-casting totale recita in francese e italiano), The Shift proprio non ha i muscoli o le capacità atletiche per reggere il peso della missione difficile che ha scelto per sé, essere un thriller con peso politico. E così alla fine non ha né il peso politico che vorrebbe né l’appeal che tanto desidera.

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