The Romanoffs 1x02 "The Royal We": la recensione

La nostra recensione del secondo episodio della serie di Amazon The Romanoffs

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Il secondo episodio di The Romanoffs conferma, anzi amplifica, lo stile intravisto nella prima puntata. D'altra parte, nel suo stabilire un approccio alle storie che racconta, la serie ne riconosce tutti i difetti. The Royal We è ancora una volta uno strano e blando oggetto episodico, che ci consegna le vicende specchiate di una coppia in crisi, ne segue le vicende per un'ora e mezza, e quindi giunge ad una non-conclusione che potrebbe essere un manifesto dell'intera serie. Dove The Violet Hour poteva rifugiarsi in alcuni scambi riusciti nella prima parte, il secondo episodio della serie Amazon è troppo indulgente con se stesso.

I protagonisti sono Michael e Shelly (Corey Stoll e Kerry Bishé), una coppia in aperta crisi. Dovrebbero partire per una crociera, ma all'ultimo momento lui viene chiamato per fare il giurato in un processo per omicidio. Tra gli altri giurati vede una donna, Michelle (Janet Montgomery), e, al momento di schierarsi con gli altri nell'unanimità per un verdetto ovvio, decide di remare contro pur di avere l'occasione di provarci con la donna. Nel frattempo, Shelly va in crociera da sola. Entrambi avranno le loro tentazioni con cui fare i conti. Nel cast anche Noah Wyle.

Matthew Weiner ha impostato la miniserie antologica come una serie di piccoli film a se stanti. Il filo conduttore è blando, e nemmeno dei titoli di testa violenti e grezzi in cui i Romanoff vengono uccisi sulle note di Tom Petty bastano a dare sostanza allo sfondo generale. Gli episodi hanno una durata sproporzionata rispetto a quello che, generalizzando, potremmo definire il formato televisivo. Un'ora e mezza che richiedono attenzione e un completo assorbimento rispetto alla storia che seguiamo. Il problema allora è che The Romanoffs chiede molto di più di ciò che è capace di offrire, o che semplicemente desidera offrire.

The Royal We soffre in particolare di una certa sgradevolezza di fondo. La meschinità dei personaggi, in particolare di Michael, non nasconde mai una tragedia di fondo, non assume mai contorni più grandi della storia a cui appartiene. Qui il minimo comune denominatore è la mediocrità e la pochezza umana. Per un'ora e mezza siamo sballottati da una storia che alterna le vicende di lui e quelle di lei. Anche qui, come nel precedente episodio, tutto è altamente prevedibile, e viaggia su binari più grotteschi del normale, ma mai così eccessivi da diventare esilaranti. Perfino il finale, anticlimatico e grottesco, è una ricompensa misera a fronte di una visione così prolungata.

Una certa scena durante la crociera rilancia il collegamento con la famiglia reale russa. Qualche accenno di amore sofferto, forse persone che vivono, o vivevano nell'illusione di essere più grandi di quel che realmente erano, come Michael. Per loro, sentirsi al di sopra delle regole o pensare di poter prendere il mano la propria vita è una breve illusione, che conduce a un tremendo risveglio. Ma, ancora, non è chiaro perché servisse un approccio così massiccio (per cast, produzione, durata) per raccontare storie così semplici e banali.

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