The Resident 1×03 “Comrades in Arms”: la recensione

La nostra recensione del terzo episodio di The Resident intitolato Comrades in Arms

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Spoiler Alert
Con un'ora incredibilmente frustrante ed indubbiamente ben eseguita Comrades in Arms dimostra tutte le potenzialità di questa serie.
Che The Resident fosse uno show di denuncia era già piuttosto evidente, ma lasciati alle spalle gli eccessi della première, le nuance di questa puntata ne fanno la migliore dall'esordio della serie.

Come in parte abbiamo accennato la scorsa settimana, anche da questa puntata si evince lo sforzo degli autori di non creare personaggi unidimensionali, facilmente identificabili come buoni o cattivi o classificabili tra i più odiati o amati dal pubblico. Quello che è davvero da biasimare, lo si capisce molto presto, è più che altro l'assistenza sanitaria americana nel suo complesso e la disastrosa strada che ha ormai intrapreso da tempo. Nel bene e nel male l'Obama Care è stato l'unico tentativo, in anni ed anni di Presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca, di cercare di imprimere un cambiamento autentico allo scandalo delle assicurazioni, senza la quale un paziente è sostanzialmente condannato a morte negli Stati Uniti, ma questo non significa che la condizione dei malati nel paese sia veramente migliorata. Come il benessere dei pazienti si concili con il giuramento di Ippocrate che ogni medico è ancora chiamato a fare una volta ottenuta l'abilitazione, è parte integrante del problema che questa serie si prefigge di affrontare: da una parte ci sono i dottor Bell e Hunter di turno, che fanno del profitto una priorità o, peggio ancora, personaggi come l'amministratrice delegata del Chastain Park, Claire Thorpe (Merrin Dungey) e dall'altra i Conrad, i Devon, le Nic e il nuovo personaggio di Jude (Warren Christie), medio e compagno d'armi del protagonista.

Il caso della settimana di Louisa, barelliera dell'ospedale affetta da un grave tumore, nonché immigrata clandestina salvadoregna con il sogno della medicina, è la perfetta piattaforma per lanciare la posizione di ogni personaggio coinvolto nella sua assistenza, soprattutto in un ospedale nel quale si aggira tra i corridoi una figura grottesca come quella di Barb, la peggiore (o migliore, a seconda dei casi) rappresentazione di ottusa passacarte che si possa immaginare, dedita al suo compito di far entrare soldi nelle casse del Chastain Park a prescindere dai veri bisogni dei pazienti. In un ingranaggio in cui la parola d'ordine è "spillate più soldi possibile alle assicurazioni, anche prescrivendo esami non necessari", finisce incastrata Luisa, povera, sola, illegalmente residente nel paese e malata: la perfetta combinazione per un disastro.

Giudicare superficialmente chi abbia ragione e chi abbia torto in questo caso appare molto facile: il medico coscienzioso la vuole aiutare e cerca di fare in modo che venga sottoposta all'intervento che le salverà sicuramente la vita, quello meno coscienzioso si farà i conti in tasca e cercherà di capire quanto salvare una vita gli costerà, a discapito di molte altre, lo squalo chiamerà addirittura la polizia per denunciarne in ospedale, sperando così di liberarsi definitivamente del problema.
Ma se la vita fosse davvero fatta tutta di bianco o nero, viverla sarebbe probabilmente molto più facile. La sfumatura - nonché l'aspetto migliore dell'episodio - risiede invece proprio nelle cose meno evidenti, come per esempio l'atteggiamento del dottor Bell o l'osservazione finale di Claire Thorpe a Conrad.
E' piuttosto ovvio infatti che tutti, potendo, avrebbero aiutato Luisa senza battere ciglio, ciò che Conrad - nel suo voler affrontare solo il "qui e subito" - sembra però non capire, è che ogni decisione ha un costo e non solo in termini monetari. Per come attualmente funziona l'assistenza sanitaria in America, nonché la situazione degli immigrati clandestini, l'essere riusciti a piegare le regole salvando la vita a Luisa, alla lunga, si rivelerà una sconfitta, perché quei 2 milioni di dollari che andranno spesi nella sua riabilitazione, dovranno essere recuperati da qualche altra parte, a discapito del benessere di molti altri pazienti. Chi è quindi davvero il vincitore e chi il perdente a prescindere da cosa sia evidentemente giusto e sbagliato?
Il solo fatto che gli autori abbiano la lungimiranza di porsi il problema in questo senso, nobilita sicuramente questo episodio, anche se non ha la presunzione di trovare una soluzione ad un sistema che è evidentemente corrotto, se non proprio marcio.

E, a proposito di corruzione, vorremmo soffermarci qualche momento sulla dottoressa Lane Hunter.
Come avevamo accennato nella recensione del passato episodio, in cui è stato appunto introdotto il personaggio interpretato da Melina Kanakaredes, anche in questo confermiamo la sensazione che Lane si rivelerà persino peggiore di Bell, soprattutto alla luce di quanto sembra possa accadere nel delicato caso di Lily, che verrà affrontato la prossima settimana e che sembra nascondere una vera e propria cospirazione ai danni dei suoi pazienti. Per quanto le azioni del dottor Bell siano infatti tutt'ora da ritenersi imperdonabili, la sua irresponsabile decisione di continuare ad operare con il tremore alla mano è da folli, Randolph sembra dimostrarsi più umano di quanto non fosse apparso nell'episodio pilota, tanto da avere uno scambio quasi umano con Conrad nel quale ha mostrato al pubblico e ha ricordato probabilmente anche a se stesso, che c'è stato un tempo in cui, anche lui, credeva nell'esercizio della sua professione come una missione.

La prima stagione di The Resident va in onda negli Stati Uniti ogni lunedì su Fox.

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