The Rescue, la recensione

The Rescue sfrutta con buoni esiti l’ingente materiale raccolto, muovendosi fluidamente tra interviste, filmati fatti sul posto, spezzoni di telegiornali e frammenti di riprese fatte sott’acqua dagli stessi sommozzatori.

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La recensione di The Rescue, al cinema dal 16 maggio

A circa un anno di distanza dal documentario The Cave - Miracolo nella grotta del thailandese Tom Waller, ecco che arriva la versione firmata National Geographic, The Rescue. Diretto da Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi (autori del doc premio Oscar Free Solo), il documentario racconta nuovamente il famoso fatto di cronaca dell’estate del 2018 che tenne sulle spine il mondo intero: l’avventuroso salvataggio collettivo (da parte di forze militari e civili thailandesi, inglesi, americane, australiane e cinesi) della giovane squadra di calcio dei Wild Boars intrappolata per quasi due settimane in una grotta sommersa in Thailandia.

Come già notammo a proposito di The Cave, un conto è avere una storia dal grande potenziale narrativo, un altro è saperla raccontare toccando i punti giusti e al momento giusto. Per questa vicenda in particolare, le principali difficoltà narrative che si presentavano erano due: capire, tra i tanti, quale punto di vista adottare e poi gestire visivamente qualcosa di così scuro e monotono (sostanzialmente una grotta allagata, dei sommozzatori, gente che discute sotto a delle tende). Se la versione thai da quel punto di vista si affossava nel raccontare lungamente l’aspetto burocratico e organizzativo, con uno slancio finale (ma tardo) che trovava come protagonista empatico uno dei sommozzatori, The Rescue invece dimostra di avere le idee molto più chiare e opta per un racconto-reportage dal piglio cronachistico, esaustivo nel racconto della vicenda ma attraversato da una chiara linea di parte che vede i sommozzatori inglesi come i protagonisti annunciati della vicenda.

Alternando quindi le “teste parlanti” dei sommozzatori, chiamati a raccontare le loro gesta e i loro sentimenti, a quelle di altri personaggi (alcune compagne di loro, un militare americano, dei Navy Seals thailandesi), The Rescue rimane però su toni anti-sensazionalistici e tira invece fuori dalla vicenda il fattore umano, riflettendo senza filtri sull’ipotesi dell’errore, sulla probabilità reale del fallimento e le sue conseguenti responsabilità. I cave divers si raccontano in piccola parte nel loro privato: quel poco che basta per renderli personaggi e cucire su di loro quel percorso emotivo di paura e incertezza (all’inizio quasi non avevano idea di quello che stavano facendo) che si trasforma in gioia liberatrice, orgoglio incredulo. Il salvataggio diventa così qualcosa di più grande, un evento che cambia umanamente i suoi protagonisti e che rilegge, una volta chiuso il cerchio, quello che era per i sommozzatori solo un hobby del weekend  - che gli altri non capivano - come una passione destinata a fare veri e propri miracoli.

The Rescue sfrutta quindi con buoni esiti l’ingente materiale raccolto, muovendosi fluidamente tra interviste, filmati fatti sul posto, spezzoni di telegiornali e frammenti di riprese fatte sott’acqua dagli stessi sommozzatori. Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi mettono totalmente da parte il sensazionalismo, perdendo in parte la componente smaccatamente eroica e di avvincente tensione (non si ha mai la sensazione che si tratti di una tragedia, ma solo di qualcosa di decisamente problematico), bilanciando però quell’osservazione fredda con la sensazione di un profondo rispetto verso tutte le parti coinvolte.

Siete d’accordo con la nostra recensione di The Rescue? Scrivetelo nei commenti!

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