The Post, la recensione
Nella storia del Washington Post e dei Pentagon Papers Steven Spielberg trova un'altra storia: quella di una donna in un mondo di uomini
Arriva alla fine, l’atto della stampa come l’eiaculazione in un porno, il momento in cui tutta la tensione accumulata viene rilasciata tramite un atto fisico ripreso da vicinissimo. Per godere. E solo un intelletto filmico del livello di Spielberg poteva avere l’idea di mostrare tutto il palazzo che trema per l’attività delle rotative.
La tensione in questione è quella di una trama nota, lo scandalo Pentagon Papers, in cui segreti di stato che screditarono più di un’amministrazione, mostrando come il governo avesse mentito ai cittadini (e non solo), fuoriuscirono grazie ad una talpa e furono pubblicati dai giornali. Il New York Times fu fermato dal tribunale, il Washington Post (attraverso il suo direttore e la sua editrice) dovette scegliere se astenersi o subire la stessa sorte senza avere le medesime spalle. Questa dunque non è una storia di giornalismo investigativo (l’indagine è poca cosa), non è la storia di un giornale che lotta contro l’esterno per arrivare alla verità ma per la maggior parte è quella di un giornale che lotta al suo interno per decidere cosa fare, se pubblicare e rischiare oppure no.
Questo è un film sul passato che fa rimbalzare il presente, uno che usa una storia di giornalismo per raccontare la storia di una donnaThe Post però è anche qualcos’altro. Con una punta di opportunismo (visti i tempi) ma soprattutto una gran capacità di prendere una storia che è nota e trovarcene un'altra al suo interno, questo è un film sul passato che fa rimbalzare il presente, uno che usa una storia di giornalismo per raccontare la storia di una donna, la padrona del giornale, che lotta in un mondo di uomini per qualcosa di normale: la propria opinione su ciò che le appartiene. Chiunque altro probabilmente non solo ne avrebbe fatto un aspetto marginale, un condimento gustoso, ma non avrebbe resistito alla tentazione di dare a Meryl Streep (che oltre ad essere Meryl Streep è anche una paladina dei diritti delle donne ad Hollywood) un dialogo importante, una frase fulminante, una maniera di “dire” qualcosa a riguardo. Il motivo per il quale Spielberg, ancora oggi, è Spielberg è come invece affronti il problema dal punto di vista delle immagini, enfatizzando il contributo che può dare il cinema alla comprensione del mondo.
Ci vuole un film intero che parli d’altro, fatto di scene accuratamente composte e interpretate con grandissima misura, per arrivarci, per arrivare a quella scena e alla comprensione di un punto di vista che nessuno dei molti altri film sull’argomento è riuscito a mostrare: che la posizione della donna nella società non si cambia a parole ma con gli atteggiamenti.