The Plane, la recensione

Gerard Butler pilota di linea atterra di fortuna con i suoi passeggeri su un'isola piena di guerriglieri spietati. Il resto si scrive da sè

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di The Plane, il film in uscita il 26 gennaio

Non c’è molto aereo in The Plane. Infatti dopo un rocambolesco atterraggio di fortuna su un’isola delle Filippine in cui miracolosamente si salvano quasi tutti i passeggeri e la crew di un volo low cost qualsiasi (che proprio per risparmiare su tutto sì mette nei guai) il grosso della storia è ambientata sull’isola in questione, a terra. Lì i sopravvissuti devono sopravvivere non solo agli stenti ma anche ad un gruppo di guerriglieri con i quali nemmeno il governo filippino vuole scontrarsi. Il titolo promette un film di spazi chiusi e tensione nel vuoto, la realtà consegna un film d’azione negli spazi aperti, mitragliate, colluttazioni e fughe in auto.

E meno male! The Plane è pane per Jean-François Richet, regista francese d’azione mai davvero decollato (ma il suo dittico su Mesrine è fantastico), che trasforma una sceneggiatura da arresto immediato (uno dei due responsabili, J. P. Davis, si era già macchiato del crimine di scrivere The Contractor) in un buon film di serie B, trovando anche nello stanchissimo Gerard Butler la sua forma migliore e la sua dimensione migliore, non l’eroe più forte ma l’uomo retto, costretto ad imprese eccezionali di cui non pensa di essere in grado.

Le regole sono semplici, i presupposti e le psicologie anche. Un uomo ha a cuore la sua famiglia (dalla quale vuole tornare), i suoi passeggeri (che vuole salvare), e la propria rettitudine morale (che vuole preservare). Con tutti questi paletti deve farsi strada nel solito Far West che stavolta è la giungla filippina, ma sempre una landa senza regole e senza autorità è, uno di quei posti in cui i cattivi sono liberi di essere cattivi e ogni persona è sola con il proprio senso di giustizia. Ci sarà un carcerato ex militare che era in volo con loro che diventerà il più prezioso alleato e da un certo punto in poi arriverà anche la cavalleria.

Sembra facile trovare le coordinate giuste del western in quel mondo “altro”, separato da tutto, ma anche solo guardando il resto dei tentativi (falliti) di fare un buon action onesto degli ultimi anni è evidente che non lo è. Così anche un lavoro semplice e corretto come The Plane fa la figura del film solido. Non c’è da avercela con lui, semmai con gli altri, e non c’è nemmeno niente di male nel sentirsi così soddisfatti dopo la visione di una storia che fa la minima parte del suo dovere, cioè essere ben diretta, con un’azione coerente e tesa, personaggi scritti senza cedere troppo allo smielato e una profonda coscienza di quel che sì sta facendo, per chi lo si sta facendo e con quali punti di riferimento.

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