The Pink Cloud, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2021

La regista e sceneggiatrice Iuli Gerbase aveva ideato un mondo alle prese con la quarantena, ritratto nel film The Pink Cloud, anni prima della pandemia

Condividi
The Pink Cloud, la recensione | Trieste Science+Fiction Festival 2021

The Pink Cloud ha tristemente anticipato i tempi mostrando un mondo alle prese con una quarantena senza fine a causa di una minaccia mortale, che nel film di Iuli Gerbase assume la forma di una nuvola rosa che nasconde nel suo aspetto apparentemente innocuo la capacità di uccidere le persone, se rimangono all'esterno per più di 10 secondi. Gli abitanti di una città brasiliana sono quindi costretti a restare al sicuro nel luogo in cui si trovavano quando è apparsa nel cielo. Le conseguenze della prigionia senza fine vengono così mostrate attraverso il rapporto tra Giovana (Renata de Lélis) e Yago (Eduardo Mendonça), un'avventura di notte che si ritrova a diventare, senza volerlo, una coppia che convive e inizia una relazione a lungo termine che li porta anche ad avere un figlio e a vivere momenti di difficoltà.

Gli alti e bassi vissuti dai due protagonisti enfatizzano bene gli effetti della distanza dal resto delle persone, mostrando come i personaggi cambiano idea e affrontano noia, tensione, cambiamenti e interazioni a distanza, dovendo fare i conti con una speranza che sembra ogni volta destinata a essere spezzata mentre le persone devono cercare di modificare la propria esistenza adattandosi a una quotidianità che si svolge rimanendo a guardare il mondo da una semplice finestra, mentre nascono nuove generazioni che non sanno nulla di come era l'esistenza prima dell'apparizione della nube.

La regista e sceneggiatrice non si concentra sugli aspetti sci-fi del racconto, ma preferisce puntare sull'approfondimento psicologico dei protagonisti affidati a Renata de Lélis ed Eduardo Mendonça, piuttosto bravi nel gestire l'altalena di emozioni e la frustrazione della coppia forzata che non aveva in programma una convivenza. Pur essendo stato scritto anni prima della pandemia, The Pink Cloud, riflette in modo piuttosto accurato quanto accaduto nel 2020 a livello emotivo, tra dubbi, incredulità e problemi politici e sociali, il tutto vissuto da dentro le mura di casa. Le storie dei personaggi secondari vengono delineate in modo più approssimativo e non riescono a offrire sicuramente un quadro esaustivo delle possibili situazioni in cui ci si potrebbe ritrovare nel momento in cui la vita quotidiana viene "congelata" a causa della calamità, e il film propone solo qualche spunto riguardante le possibili strategie per sopravvivere, lasciando quindi in sospeso molte domande riguardanti il modo in cui i problemi pratici, come l'ottenere cibo e affrontare emergenze mediche, vengano risolti nella realtà creata per il film. La regista riesce comunque a non far pesare troppo la fragilità della sceneggiatura lasciando che siano gli aspetti emotivi della narrazione a restare in primo piano. Dover fare i conti con le esperienze, in certi casi piuttosto simili, degli spettatori rispetto a quelle dei protagonisti, forse non aiuta il film a essere valutato in modo obiettivo esclusivamente per i propri meriti, tuttavia la suggestiva atmosfera, creata anche grazie al significativo contributo del direttore della fotografia Bruno Polidoro, si impone all'attenzione degli spettatori e permette di apprezzare il lavoro compiuto da Iuli Gerbase nell'immaginare un'umanità in difficoltà che cerca di adattarsi a ogni circostanza.

Continua a leggere su BadTaste