The Path 2x05, "Why we Source": la recensione
La nostra recensione di Why We Source,il quinto episodio della seconda stagione di The Path
Cominciamo da Mary, che ha convinto Sean a usare il loro rinnovato affiatamento per ricattare Cal: un frigo nuovo, più comfort per il bambino in arrivo, visto che anche Sean sa della potenziale paternità di Cal. Mary è tra i giovani meyeristi quella che ha visto più da vicino il lato più ambiguo e oscuro di Cal, e dunque del culto: ora l’ingenuità di Mary si è trasformata in calcolo, e la sua appartenenza meyerista si traduce in senso pratico strumentale, finalizzato a ottenere un vantaggio.
La necessità di tirare Hawk fuori dai guai riavvicina Sarah e Eddie, grazie soprattutto all’approccio attivo di lui: per quanto sia tuttora difficile per Eddie impedirsi di rivolgersi alla Luce in caso di difficoltà, è la sua determinazione nel confrontarsi di persona con Libby DeKaan a risolvere il problema. Certo anche lui, come tutti nella serie, ricorre a metodi piuttosto ricattatori, puntando sull’emotività del rapporto in crisi tra la DeKaan e suo figlio. Il rifiuto di stare a guardare (o aspettare l’aiuto della Luce) colpisce positivamente Sarah, che rivede l’Eddie di cui è stata, ed è tuttora, innamorata: per la gioia di tutti noi il riavvicinamento si concretizza in una “relazione clandestina”, sempre che sia possibile chiamarla così visto che si tratta di marito e moglie. Giustamente Sarah non ne fa parola con Cal, occupato nel frattempo a scovare la “talpa” all’interno del movimento: per ironia della sorte Cal si rivolge proprio a Abe, in virtù del suo passato militare (evidentemente per metà reale, per metà falsato), per aiutare nella perquisizione delle abitazioni e dei luoghi di lavoro all’interno del complesso. A farne le spese è la povera dottoressa che aveva visitato Abe, incastrata da lui stesso e cacciata dal campo. A dire il vero è una sezione della trama poco curata e poco credibile, funzionale esclusivamente a evidenziare quanto anche il pur legittimo obiettivo di smascherare gli illeciti della setta conduca all’adozione di metodi discutibili, che sfumano ancora una volta i limiti del torto e della ragione.
La caccia all’omicida di Steve è, assieme alla storyline della spia, la parte più debole: uno dei problemi principali è il personaggio di Kodiak, sbucato dal nulla e dal passato, ma la cui caratterizzazione viene didascalicamente lasciata alle occorrenze momentanee: è un ex spasimante di Gab, probabilmente ancora innamorato di lei; è stato in Siberia; è integerrimo e ancora più strano degli altri anziani. Sembra insomma il comodo alleato costruito a tavolino di cui ha bisogno Richard per fare chiarezza: peccato che il poco screentime dedicato alla faccenda non aiuti affatto.
Scopriamo anche che l’enorme segno inquietante di Eddie è ufficialmente attribuito a un fulmine che lo ha colpito: sarà vero? Speriamo che la foga di lasciarsi alle spalle la Luce e i meyeristi non lo faccia cadere da una situazione di coercizione psicologica a una dipendenza da psicofarmaci.