The Path 2x04, "The Red Wall": la recensione

La nostra recensione di The Red Wall, quarto episodio della seconda stagione di The Path

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Il quarto episodio della seconda stagione di The Path, intitolato The Red Wall, si concentra da un lato sui modi diversi di vivere il meyerismo, dall’altro sembrano emergere sempre di più i lati oscuri e problematici del movimento, evidenziati dal conflitto tra le esigenze più pratiche, finanziarie e “aziendalistiche” e quelle ideologiche.
Come abbiamo visto nella scorsa puntata, anche Sarah è costretta a venire a patti con la necessità di disponibilità finanziaria del movimento: nel suo caso, è per la volontà di aiutare la comunità di Clarkesville con un’analisi indipendente delle falde acquifere che permetterebbe di inchiodare alle loro responsabilità la famiglia De Kaan. Per farlo, è disposta ad abbassare sensibilmente la propria soglia di scrupoli, e a sporcarsi le mani. E qui un nuovo interrogativo: ricorrere a metodi discutibili è meno grave, se la causa è più condivisibile di altre (Sarah ha un obiettivo concreto, Cal è chiamato da una generica sete di potere)?

È una versione del “fine che giustifica i mezzi”, ed è rappresentata nella vicenda di Lisa, l’impiegata dell’ufficio esenzioni fiscali che assume un ruolo rilevante in questo episodio. Si capisce già dalla scena della minaccia mascherata da sorriso di Cal, che Lisa nasconde qualcosa: i meyeristi l’hanno “aiutata” in passato, e il fatto che questo basti a renderla vulnerabile alle minacce già suggerisce che si tratti di qualcosa di grave. Preoccupata per la visita di Cal, Lisa scappa dall’FBI e accetta di registrare la conversazione che si terrà al centro dove è stata convocata, ma quando si trova davanti Sarah, con il registratore pronto ad avviare la sua confessione di tanti anni prima, cede e avverte la donna, senza però farsi scoprire da Abe e il suo capo in ascolto. A fine episodio, quando ci è concesso di ascoltare per intero l’“unburdening” di Lisa, scopriamo con sgomento che la donna ha investito e ucciso un ragazzo di strada ed è fuggita, omettendo il soccorso: è la prima volta che si fa cenno esplicitamente al fatto che il movimento è disposto a coprire veri e propri crimini dei propri adepti. Certo, sappiamo delle malefatte di Cal, ma in quel caso è lui che si approfitta della propria posizione di potere; in questo caso sembra essere esposto il modus operandi del movimento di fronte a chiunque si presenti alla loro porta in cerca di redenzione: se “ti togli il peso” la Luce ti guiderà, non importa quanto aberranti siano state le tue azioni. A questo angosciante stato di cose sembra rispondere Kodiak con le sue parole a Richard, in cui ricorda che la crudeltà umana può raggiungere abissi incommensurabili, prendendo le distanze dalle recenti direzioni del movimento e sottolineando in fondo che i meyeristi “di città” si fanno abbindolare molto più facilmente di lui.

Sempre meno coinvolgente la sottotrama di Mary e Sean, forse anche per i limiti dei due attori

La puntata vede anche un cameo del cantautore Andrew Bird, impegnato in un secret concert a New York, a cui Hawk assiste con Noa: rappresenta ciò che Hawk rischia di perdersi, un universo di passioni e interessi, di arte e creatività che lo coinvolgono ma che appaiono così distanti dalla sua vita nel movimento. Eppure Noa, più adulta e dunque più saggia, sembra suggerirgli la giusta chiave di lettura quando lui l’accusa di averlo abbandonato da solo al concerto: averlo lasciato da solo davanti a ottima musica, a ripensare al suo grande amore, non è poi un modo malvagio di passare la serata.

I risvolti del movimento in città, e la sua conseguente espansione “fisica” sono forse il tema più interessante, sia dal punto di vista pratico delle difficoltà legali e finanziarie, sia perché amplificano differenze e contraddizioni spirituali ed esistenziali dei personaggi e delle situazioni in cui si trovano. Emblematica la scena in cui Cal viene letteralmente aggredito da un uomo che ha dovuto abbandonare il suo alloggio in seguito all’acquisto dell’edificio da parte dei meyeristi, per far posto proprio, ironia della sorte, ai senzatetto della città.

Sempre meno coinvolgente la sottotrama di Mary e Sean (forse anche per i limiti dei due attori), che prosegue un plot già debole nella scorsa stagione: Sean finalmente esprime il suo disappunto per il tradimento di Mary, ma naturalmente non con lei: va a confidarsi da Eddie, che lo aiuta a capire che amerà Mary qualunque cosa succeda.
Eddie rimane il perno principale della serie, il centro della questione fede-ragione: questo episodio un po’ goffamente affronta la cosa dal punto di vista medico e psicoterapeutico, mettendo in contrapposizione i “metodi” di Sarah e quelli farmaceutici consigliati dalla dottoressa che visita Eddie in ospedale, dove è ricoverato in seguito alla rissa della scorsa puntata. Alla fine non sappiamo se sia il buon senso ad avere la meglio, o Chloe con le sue abilità manipolatorie: in ogni caso è così che giungiamo all’ultima scena, in cui sentiamo per la prima volta Eddie ammettere di aver vissuto in un cult, una setta.

Dal punto di vista tematico questa stagione sta procedendo con più coesione rispetto alla precedente, mantenendo un legame più forte tra le questioni in gioco: l’insediamento a New York, i conflitti tra le diverse anime del movimento, le ambiguità etiche sottese al credo della Luce (si può tutto per la difesa dei meno privilegiati? Qual è il confine tra una buona azione e un’ossessione?), la contraddizione tra la scelta di una vita al di fuori della società e il tentativo di insinuarsi comunque su quella società.

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