The Path 1x02, "The Era Of The Ladder": la recensione
La nostra recensione del secondo episodio di The Path, la serie con Aaron Paul, Michelle Monaghan e Hugh Dancy
Il confronto tra le figure di “leader”, cioè il padre di Sarah, Sarah stessa, e Cal, sembra avviare quello che potrebbe essere uno dei motivi principali della stagione, ovvero la frizione tra due modi diversi di intendere la missione dei meyeristi, il movimento stesso, il posto che il movimento può (deve?) assumere nella società. Da un lato la visione New Age post-hippy della generazione dell’irreperibile dottor Meyer e dei genitori di Sarah, che si fonda sulla chiusura; dall’altro la spregiudicata visione “in grande” di Cal, che è determinato a raggiungere ben altri numeri e riconoscimento pubblico.
Di riflesso, rispetto al primo episodio, è solo ora che la rilevanza del Meyerism viene esplicitamente ridimensionata: tra le regole del movimento c’è una sorta di discrezione obbligata, per non incorrere in bullismo o reazioni aggressive delle persone comuni (misteriosamente chiamate IS), che Cal è deciso a rivedere, e da questo punto di vista Cal si rivela abilissimo persuasore anche tra i suoi pari, e in particolare convince Sarah della necessità di cambiare prospettiva e di accogliere l’interesse che una televisione locale ha dimostrato nei loro confronti. Alla persona pubblica di Cal, già particolarmente determinata, corrisponde un lato nettamente più ambiguo e oscuro, in cui la tendenza all’assolutismo e alla mania di grandezza e all’abuso delle proprie capacitò persuasive emerge senza sfumature: il rapporto deviato con Mary appare morbosamente innecessario ai fini della caratterizzazione del personaggio, se non per sottolineare quanto può spingersi in là, mentre scene come quella dell’allenamento all’espressività in macchina, o entrambe le sequenze a casa dei Ridge, sono molto più efficaci e puntuali nell’approfondire il modo di pensare di Cal.
È interessante la focalizzazione sulle tecniche di abbordaggio e persuasione perché rende vagamente più credibile che un credo così nebuloso possa attecchire e che le persone possano convincersi in un batter d’occhio, come la giornalista: tuttavia l’ideale della fine delle sofferenze, della pura luce, dell’ascolto degli altri appaiono finora descritti in termini così generici che l’intero impianto narrativo rischia di perdere i puntelli su cui dovrebbe fondarsi il coinvlgimento in una serie di questo tipo.