The Other Side, la recensione

Un horror dalla Svezia che sembra pensato per chi non conosce il genere e vuole un riassuntone degli ultimi 20 anni

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di The Other Side, in uscita al cinema il 9 giugno

È del 2020 The Other Side ma in realtà a vederlo sembra venire dritto dal 2010. Dal 2010 e dalla Svezia. 

in quello che pare un affare strappato al cassonetto dei peggiori film che Netflix acquista con la pala senza leggere nemmeno il titolo, quest’horror è stato comprato un’uscita cinematografica invece. Horror un tanto al chilo, sia chiaro, che ricicla una quantità impressionante di idee altrui con (a tratti) il minimo sindacale di mestiere nel mettere in scena la paura, tutto implacabilmente distrutto da un doppiaggio italiano assassino. 

Quindi, cosa rimane da recensire?

The Other Side è un horror per chi non ama gli horror, per chi non li conosce e, magari, ha deciso oggi di affacciarsi al genere e tentare. Chiunque altro si trova davanti un campionario che offre tutto il materiale inventato, modificato e plasmato dall’horror negli ultimi 20 anni, più o meno dal passaggio oltreoceano dei demoni del j-horror, fino alle case dei film Blumhouse. C’è una famiglia in una nuova casa (maledetta, ovviamente!), c’è un padre che è spesso via per lavoro e che lascia moglie e figlio da soli in casa. Il secondo comincia a vedere e giocare con una presenza inizialmente derubricata dalla donna ad amico immaginario e da qui è tutto uno scriversi da solo in discesa.

Ma se la sceneggiatura in fondo è un canovaccio non più banale di quello di tanti horror decenti (scritta dal duo Tord Danielsson e Oskar Mellander), è la messa in scena dello stesso duo che fa cadere le braccia. In un costante tono plumbeo da color correction blu/grigia, si agitano demoni che si muovono a scatti come gli equivalenti visti nei film di Fede Alvarez, hanno un design glabro come quelli di Del Toro e scricchiolano come gli zombie di Last Of Us. Che è un bel ventaglio di ispirazioni se solo The Other Side ci facesse qualcosa più che riproporli e basta.

Se a questo poi si aggiunge che il livello un attimo più profondo della storia è anch’esso il riciclo di idee che girano da tempo (e con nessuna enfasi aggiunta ma anzi una certa faciloneria), cioè che il male in realtà non fa che scatenare il resto del mondo contro la donna, accusata di essere lei che fa male al bambino quando in realtà lo vuole proteggere, allora davvero è chiaro che The Other Side vuole parlare a chi gli horror proprio non sa cosa siano e, cosa più grave, lo vuole fare in sala. Perché ad oggi un film simile lo accettiamo (lamentandoci non poco) dalle piattaforme, non da un cinema per il quale si paga un biglietto.

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