The Night Of 1x02, "Subtle Beast": la recensione

Nel suo secondo episodio, The Night Of conferma i propri punti di forza, a partire da una regia impeccabile nel sottolinearne l'angoscia sotterranea

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VERITAS. Questo il logo dell'università di Harvard, questa l'ironica scritta che campeggia sul petto di Naz Khan mentre marcia sulla via che conduce all'inferno di Rikers Island. Inchiodato da prove tanto numerose quanto inequivocabili, il giovane viene spinto con violenza negli abissi di un mondo la cui porta d'ingresso aveva il volto dolce e sensuale di una ventenne sconosciuta, il profumo di una serata fuori dagli schemi e, alla peggio, l'ombra di una ramanzina da parte di un padre comprensibilmente protettivo. E invece, dietro quella porta si cela un microcosmo lurido, fatto di delinquentelli pronti a riempirti di botte per una crisi d'astinenza, lontano anni luce dal sogno infranto che gli occhioni di Naz hanno trattenuto per sé il tempo di una notte. Questa discesa è il cuore pulsante di The Night Of, e i suoi primi, accidentati passi sono ben descritti nel secondo episodio, embleticamente intitolato Subtle Beast.

La besta subdola in questione è il detective Dennis Box, dedito al suo lavoro con zelo di certo ammirevole. Ma un bravo poliziotto che sa fare il suo mestiere sa che ciascuno ha un vizio che lo farà cadere, cantava De Gregori, e Box non fa eccezione. Naz è un'incognita, un lenzuolo immacolato, un ragazzo modello senza l'ombra di un vizio; le prove lo inchiodano, ma nella mente del detective lavora incessantemente il tarlo del dubbio. L'unico punto debole a cui Box possa appigliarsi è, quindi, l'origine più autentica di quell'aspetto indifeso e gentile: la famiglia. I suoi tentativi di usare l'ingenuità di Naz a proprio favore si rivelano, per il moemento, inefficaci: il giovane è già stato istruito a dovere dall'avvocato John Stone, che lo ha immediatamente disilluso circa il potere della verità. E in un mondo in cui la verità diventa il peggior nemico, un uomo onesto non può far altro che chiudersi in silenzio. Così fa Naz, in attesa che qualche miracolo lo salvi dall'incubo in cui è precipitato.

Sebbene il focus drammatico resti incentrato sulla triade Naz-Stone-Box, questa seconda puntata vede l'ingresso in scena di una pedina fondamentale nel gioco d'incastri che si va delineando dietro la morte di Andrea Cornish: si tratta di Don Taylor (Paul Sparks, già ammirato nel ruolo del viscido Mickey Doyle in Boardwalk Empire), patrigno della ragazza assassinata, la cui malcelata reticenza lascia presagire ombre di un passato che, probabilmente, avrà avuto la sua importanza nel portare la giovane alla sua tragica fine in un letto trapunto di coltellate. La prematura scomparsa di entrambi i genitori naturali di Andrea arricchiscono un background finora avvolto nel mistero, e motivano in parte gli atteggiamenti autodistruttivi palesati dalla ragazza nei pochi minuti che il pilot le ha concesso.

Ancora una volta, i meriti di The Night Of non si misurano tanto nel cosa quanto nel come: se la storia, di per sé, potrebbe essere accostata a molti esempi analoghi già visti in tv, è la scrittura raffinata a conferire alla serie una solidità inedita. L'esposizione viaggia lontano dal binario della didascalia, lo spettatore viene condotto per mano a scoprire i personaggi. Una serie che mostra piuttosto che spiegare, coadiuvata da un comparto attoriale di eccelsa validità. Riz Ahmed riesce, nel poco spazio di manovra consentito dalla situazione in cui Naz si trova bloccato, a impressionare lo spettatore con una miscela di terrore e durezza. Abbiamo di fronte un ragazzo terrorizzato, ma qualche sporadico lampo nei suoi occhi profondi potrebbe insinuare il dubbio anche nel pubblico. Tra innocenza e colpevolezza passa un filo sottile, sul quale Ahmed sta costruendo una performance memorabile.

Parte altrettanto valida della magia di questo come risiede nelle sofisticate scelte registiche di Steven Zaillian e nella costruzione di un'estetica ben precisa, sebbene composta, contraddistinta da una fotografia livida, che privilegia i vuoti, a creare sbilanciamenti visivi di rara potenza. È il miglior cinema che si possa immaginare, inscatolato in un contenitore domestico che non ne sminuisce in alcun modo la forza.

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