The Night Manager 1x04: la recensione
Sesso e sangue nel quarto episodio di The Night Manager, mentre l'avanzata del fronte dei "buoni" subisce una preoccupante battuta d'arresto
Agghiacciante la frase conclusiva del dolente monologo di Angela Burr (Olivia Colman), che ripercorre il suo primo "incontro" con Richard Roper (Hugh Laurie) nel 2003. A dispetto di un'inaspettata - forse prematura? - scena di sesso tra Jonathan Pine (Tom Hiddleston) e Jed (Elizabeth Debicki), consumata con torrida fretta contro il muro di una stanza d'albergo, è l'aneddoto di Angela la scena madre del quarto episodio di The Night Manager. Se le straordinarie doti recitative di Olivia Colman non avevano certo bisogno di conferma, la sequenza in cui l'agente ricorda il devastante attacco avvenuto anni prima in Iraq ci offre, per la prima volta, l'effettiva prova della spregiudicatezza di Roper. Finora, abbiamo visto questo villain dal sorriso sardonico barcamenarsi con eleganza tra cinismo e carezze, pronto a fare marcia indietro per non sembrare ciò che, finalmente, risulta essere: un mostro di freddezza, un asso di lucida cupidigia, il cui unico legame sincero sembra essere quello col figlioletto Daniel (Noah Jupe), sebbene solcato anch'esso di crepe vagamente raggelanti.
Scopriamo, frattanto, qualcosa in più sul passato di Jed. Divenuta madre a diciassette anni, costretta a lasciare il figlio alle cure della sorella a causa della propria dipendenza da metadone, la ragazza controbatte con fierezza alle insinuazioni di Jonathan sul legame con Roper. "Non sono sotto contratto, ho una relazione", replica convinta, e saremmo portati a credere alla sua buona fede, se nel giro di qualche scena non la ritrovassimo avvinghiata a Pine all'insaputa del suo presunto grande amore. Ma, anche qui: il mondo di The Night Manager è ricco di sfumature, e le gradazioni del carattere di Jed sembrano addirittura più numerose di quelle del protagonista, consapevole di dover portare a termine una missione per una giusta causa ma innegabilmente affascinato dal carisma di Roper e dal futuro di lusso che gli viene prospettato sotto il nome di Andrew Birch.
Ultima nota, non meno importante: onore al merito di Susanne Bier, che riesce a proporre uno stile dal respiro cinematografico in ogni singola inquadratura. Dalla gestione sapiente dei paesaggi - stupefacente la sua resa di Istanbul, in grado di non far rimpiangere la visione di Mendes in Skyfall - ai primissimi piani dei pur sempre ispirati protagonisti Hiddleston e Laurie, Bier si conferma la scelta ideale per trasporre, sul piccolo schermo, echi visivi che rimandano ai migliori film di spionaggio visti negli ultimi anni.