The Night Manager 1x02: la recensione

Secondo episodio in stile James Bond per The Night Manager, che guadagna in ritmo ma si trascina dietro qualche superficialità di troppo

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Spoiler Alert
"Il mio nome è Pine, Jonathan Pine." Se il primo episodio di The Night Manager ci aveva suggestionati con atmosfere malinconiche in linea con il più recente adattamento cinematografico lecarreiano, La Talpa di Alfredson, con questo secondo appuntamento la storia sembra subire una svolta che guarda maggiormente all'altra grande fonte d'ispirazione della serie: l'universo di 007. Tutto, in questa puntata, sembra strizzare l'occhio alla saga creata da Ian Fleming, a partire dalle scelte registiche e, soprattutto fotografiche, per proseguire con l'iter intrapreso da Jonathan Pine (Tom Hiddleston) nella propria parabola di vendetta e, in un certo senso, di espiazione per una morte che grava sul suo capo col peso di un'immeritata spada di Damocle.

L'incipit di The Night Manager si era concentrato sulla figura di Jonathan, facendoci incontrare solo negli ultimi minuti il suo diretto antagonista, Richard Roper (Hugh Laurie); stavolta, un intelligente contrappasso ci consente di sbirciare nella vita del villain in modo più approfondito, benché mai tediosamente didascalico. Osserviamo il suo rapporto col figlioletto, ci viene concesso qualche indizio in merito alla relazione - non così idilliaca - con Jed (Elizabeth Debicki) e la nascita, in finale di puntata, del suo rapporto con Pine, innescato da una reazione di riconoscenza ma già solcato di dubbio. A ben guardare, l'attenta pianificazione di Angela e del suo entourage subisce un deragliamento consistente rispetto al tracciato prestabilito in seguito alla subitanea agnizione di Pine da parte di Roper. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, e il contatto tra i due viene comunque stabilito.

Dall'altra parte abbiamo comunque Jonathan che, arruolato da una più che mai agguerrita Angela Burr (Olivia Colman) nelle proprie fila per incastrare, una volta per tutte, il criminale invisibile Roper, si dedica con metodica dovizia alla demolizione, pezzo per pezzo, della propria identità. L'ex militare non esita a usare sesso e violenza per costruirsi una fama temibile che possa fungere da background per il personaggio che intende presentare dinnanzi agli occhi di Roper. È forse proprio questa parte quella che crea dubbi nello spettatore più scettico, ponendo il nostro bell'eroe di fronte a un percorso che rappresenta, di fatto, la distruzione del proprio io senza l'effettiva garanzia di poterne creare, a missione compiuta, uno nuovo. Certo, Angela assicura protezione all'uomo, ma Pine si sta. di fatto, gettando nudo in un ginepraio; e, contrariamente ad altre serie in cui il movente vendicativo era basato su premesse solide e universalmente condivisibili, in questo caso Sophie Alekan è un ricordo ben vago e sbiadito nella mente e, peggio, nel cuore del pubblico. In nostro soccorso arriva, dea ex machina, proprio Angela, con una provvidenziale esortazione a Pine che fa appello non più solo alla memoria della defunta Sophie, ma anche al senso del dovere nei confronti della patria e, udite udite, al ricordo dell'amato e ammirato padre del nostro protagonista.

La relativa superficialità delle motivazioni che spingono Jonathan a inoltrarsi in questo sentiero di rischio e dissimulazione è un neo trascurabile dinnanzi alla sottigliezza psicologica riservata alla trattazione di ciascun personaggio, fatta di piccoli dettagli e battute che poco spiegano ma molto narrano, come solo le migliori sceneggiature sanno fare: basti vedere le scene tra Angela e il collega americano Joel Steadman (David Harewood), minimali nelle allusioni e supportate da una recitazione superlativa che è, assieme all'agile regia di Susanne Bier, la vera linfa vitale di The Night Manager. A fronte di difetti francamente perdonabili, il ritmo della puntata è paragonabile a un treno in corsa che, sebbene tocchi poche ma importanti stazioni, ci offre visuali rapide ma vivide di paesaggi e situazioni diverse, nella costruzione di un viaggio suggestivo che, a dispetto delle proprie chiare ispirazioni, sta assumendo sempre più un'identità distinta e accattivante.

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