The Midnight Sky, la recensione

Probabilmente anche una regia diversa non avrebbe salvato questa storia piena di crepe, domande lasciate irrisolte, cose che fanno storcere il naso. Clooney fa il suo, cerca di salvare il salvabile. Ma di certo non è ancora il momento del suo cinema d'autore. Sarà per la prossima? Noi ci speriamo.

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Se, da un lato, non è ben chiaro l’obiettivo che The Midnight Sky si sia preposto - essere un film sul significato della vita? Un film ambientalista? Un film senza particolari ambizioni? - dall’altra sembra fuori discussione che George Clooney, qui alla sua settima regia, non sia ancora riuscito a trovare la sua dimensione come autore, essendo invece ancora intrappolato, quando va bene, nella definizione di “bravo regista”, al più di ottimo esecutore.

Forse è anche causa, in piccola parte, del pregiudizio nel vedere un attore estremamente popolare mettersi dietro la macchina da presa; ma di certo il suo ultimo film, Suburbicon, non lo aveva aiutato a smarcarsi da quelle infami etichette (perché girare un film scritto dai Coen, coeniano in tutto, senza essere i Coen è praticamente un suicidio artistico). Se però c’è una cosa che forse abbiamo capito del Clooney regista è che i suoi migliori film sono quelli con, banalmente, le sceneggiature più solide, preferibilmente di genere thriller (nelle varie declinazioni di spionistico/crime/politico). Sceneggiature su cui Clooney può davvero mettere il suo, giocando visivamente su una materia praticamente inscalfibile. Lì si che ci si diverte. E che Clooney ci regala dei film anche di regia.

The Midnight Sky fa invece soltanto arrabbiare. Fa arrabbiare per quanto è palese che Clooney abbia totalmente sbagliato strada (di nuovo) rispetto al percorso promettente degli inizi, imbarcandosi nella regia di un film con una sceneggiatura inconsistente, lontana dalle sue corde, che fa acqua da tutte le parti. The Midnight Sky è, semplicemente, una vera noia. La storia è tratta da un libro (La distanza tra le stelle di Lily Brooks-Dalton), e vede scorrere parallelamente due trame. Siamo nel 2049 e in un osservatorio del Polo Nord - e sull’intero pianeta Terra - è rimasto solo il disilluso scienziato Augustine Lofthouse (Clooney stesso). Augustine scopre però presto di non essere solo: una bambina infatti si aggira silenziosa nella struttura, e grazie anche al suo aiuto riesce ad entrare in contatto con degli astronauti (tra cui figura Felicity Jones, volto di Rogue One: A Star Wars Story) in missione nello spazio per trovare un nuovo pianeta vivibile. Alternando le poche vicende di Augustine e degli astronauti, Clooney sembra voler dimostrare qualcosa che non riesce a comunicare; deviando qualche volta sulla suspence, il film arriva però troppo tardi (negli ultimi dieci minuti!) e con un polt-twist al tanto cercato tono filosofico-esistenzialista.

Dopo tutto il filotto degli ultimi anni di film sullo spazio (dall’autorialismo quasi sperimentale di High Life all’high-concept emozionale Interstellar, passando per l’intimismo di Ad Astra) era comunque difficile per Clooney regalare al pubblico qualcosa di nuovo. Qui però l'atmosfera sci-fi non è quasi mai convincente, anzi sembra sempre finta, costruita, fine a sé stessa. Ci sono sì dei momenti in cui l'azione riesce a coinvolgere, in cui l'ambientazione di genere fatta di astronavi e assenza di gravità riesce a dare un motivo della sua esistenza, regalando momenti di buon dinamismo: questi momenti tuttavia sono veramente pochi e sembrano soltanto una fortunata deviazione rispetto al tono generale del film, fatto di silenzi inspiegabili e personaggi ermetici. L'impressione è insomma quella che Clooney abbia voluto a tutti i costi fare un film d'autore, rinunciando alla possibilità di fare un buon film di intrattenimento.

Ma, probabilmente, anche una regia diversa non avrebbe salvato questa storia piena di crepe, domande lasciate irrisolte, cose che fanno storcere il naso. Clooney fa il suo, cerca di salvare il salvabile. Ma di certo non è ancora il momento del suo cinema d'autore. Sarà per la prossima? Noi ci speriamo.

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