The Mauritanian, la recensione

The Mauritanian di Kevin Macdonald si costruisce con dedizione intorno all'idea di sospensione del giudizio, offrendo un quadro umano sfaccettato

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The Mauritanian, la recensione

È letteralmente sulla sospensione del giudizio che si basa The Mauritanian, film diretto dallo scozzese Kevin Macdonald e adattamento del best seller Guantanamo Diary di Mohamedou Ould Slahi, autobiografia di un detenuto mauritano nel campo di prigionia di Guantánamo. Questo perché, oltre ad essere nei fatti la storia di un uomo detenuto per quattordici anni senza nemmeno un’accusa, che aspetta di essere giudicato di fronte a un tribunale con un giusto processo - e invece è stato a lungo recluso, torturato e obbligato a confessare con metodi coercitivi di essere uno dei responsabili dell’11 settembre - The Mauritanian offre soprattutto, senza facili retoriche o ridondanti bipartizioni ideologiche, uno sguardo che non vuole posizionarsi né da una parte né dall’altra della barricata ma semplicemente offrire un quadro umano (più che politico) il più raffinato possibile. E ci riesce.

The Mauritanian, grazie alla penna decisa e ai dialoghi secchi, taglienti e precisi degli sceneggiatori M.B. Traven, Rory Haines e Sohrab Noshirvani, costruisce infatti una tensione coinvolgente e che funziona proprio grazie al gioco di mezze verità, dubbi e sospetti che costruisce non solo intorno alla figura di Mohamedou (Tahar Rahim) - verso il quale è determinante, a livello di empatia, anche lo scorcio sull’infanzia e la sua vita privata, proposta a sprazzi come brevi flashback - ma sulle stesse persone che gli girano intorno. Sia infatti le due avvocatesse che lo difendono (non senza remore) Nancy Hollander (Jodie Foster) e Teri Duncan (Shailene Woodley), che il procuratore militare Stuart Couch (Benedict Cumberbatch), che invece si deve occupare di fargli avere la pena di morte, emergono come fallibili, passibili di errore e, ovviamente, disposti a ricredersi. 

In questo senso The Mauritanian è certamente un film americanissimo, che promuove in un certo senso la superiorità degli States in quanto paese occidentale abitato (anche se non sempre guidato, attenzione) da individui difensori della democrazia. Ma, finalmente, anche l’accusato ha un volto, un passato, è passibile di empatia e viene visto come una persona più che come uno strumento politico. Ma l’alleato, il salvatore, ha comunque un passaporto a stelle e strisce.

Kevin Macdonald si muove con grande facilità a indagare soprattutto i volti dei suoi attori, le loro movenze, cogliendone i tratti distintivi. Jodie Foster ne esce sicuramente come la più solida e la più convincente, è l’interprete migliore ma paradossalmente forse il personaggio più scarabocchiato. Peccato, come peccato per la parte centrale in cui The Mauritanian si ripete un po’ troppo, si adagia su ciò che ha costruito nel grande incipit. Ad ogni modo il film non barcolla, è sempre fedele alla sua linea di storie parallele e che poche volte si incrociano, rimanendo ben impresso per la sua forte ma controllata atmosfera.

Cosa ne dite della nostra recensione di The Mauritanian? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film!

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