The Man in the High Castle 2x01 "The Tiger's Cave": la recensione

La nostra recensione del primo episodio della seconda stagione di The Man in the High Castle, intitolato The Tiger's Cave

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Spoiler Alert
Non è trascorso molto tempo nel mondo di The Man in the High Castle, tra la prima e la seconda stagione, quando quest'ultima ha debuttato su Amazon Prime Video, anche se non in Italia (dalla pagina ufficiale si legge che la seconda stagione arriverà da noi "prossimamente"), ma le circostanze storiche che stiamo vivendo e che accolgono questo nuovo appuntamento con la spaventosa distorsione della storia narrata dalla serie, sono profondamente diverse. Meno di un mese fa, negli Stati Uniti, al convegno nazionale della National Policy Institute i cui membri sostengono l'idea di "un'America bianca", tramite immagini che hanno fatto il giro del mondo abbiamo visto il presidente del gruppo, Richard B. Spencer, festeggiare l'elezione di Donald Trump con il saluto nazista "Hail Trump, hail our people, hail victory", "Ave Trump, Ave alla nostra gente, Ave alla vittoria". In questo clima, è comprensibile come questa serie, tratta dal romanzo La svastica sul sole di Philip K. Dick, abbia sempre meno il sapore della narrativa fantastica e della fantascienza e dia l'impressioni agli spettatori di essersi svegliati in un universo distopico non poi così lontano da quello descritto nella serie.

Dal punto di vista creativo, la serie stessa, dietro le quinte, ha vissuto qualche scossone, dovuto all'abbandono del suo creatore e showrunner Frank Spotnitz il quale ha lasciato improvvisamente la produzione per quelle che sono state definite, come nel più classico dei divorzi, "divergenze creative" nate proprio in seno alla seconda stagione. Nonostante il suo addio, i vertici dello show hanno deciso di non rimpiazzare Spotnitz e la stagione è andata in produzione e si è conclusa senza avere, di fatto, nessuno al timone e facendo anche probabilmente sentire meno il cambio di rotta inevitabile al cambiamento di uno showrunner. Spotnitz stesso, d'altra parte, è l'autore della première della seconda stagione, il che ha contribuito appunto a far patire meno questo distacco.

"Ognuno di quei film mostra una realtà simile alla nostra, ma che non è la nostra."

La serie riprende mostrandoci dove si trovino tutti i personaggi salutati nella prima stagione: Joe (Luke Kleintank) è su una barca con in mano il film, Juliana (Alexa Davalos) si trova nei guai con con Lem e Karen della Resistenza per avergli risparmiato la vita, Frank (Rupert Evans), tornato a San Francisco, cerca di affrontare i sensi di colpa per l'arresto di Ed (DJ Qualls) per l'omicidio del principe, John Smith (Rufus Sewell) torna sano e salvo a casa e dalla sua famiglia, dopo aver temuto per la sua stessa vita ed il Ministro del Commercio Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa) è ancora scosso da ciò che ha visto di un universo alternativo e pacifico, tanto da confidarsi con il suo fedele assistente Kotomichi (Arnold Chun). Ma la cosa più importante è che nella première viene rivelata l'identità dell'uomo nell'alto castello grazia all'incontro con Juliana. Hawthorne Abendsen, questo è il suo nome, interpretato Stephen Root, risulta così un ometto aggressivo e nervoso che vive in un hangar pieno di pellicole di film che contengono immagini di realtà alternative e che conosce molto della vita di Juliana. Rivelata un'identità misteriosa, tuttavia, ne viene creata immediatamente un'altra, perché Abendson chiede alla ragazza se riconosca un uomo che appare in diversi film, a volte come nazista, a volte come membro della Resistenza, ma Juliana, pur confessando di averlo visto, non riesce a ricordare esattamente dove e Abendson gli rivela che quell'uomo potrebbe cruciale per salvezza per tutti loro, perché in ogni pellicola in cui si vedono i giapponesi vincere la guerra, San Francisco viene distrutta da una bomba nucleare, tranne nella realtà in cui appare questo misterioso uomo che indossa una divisa nazista e che viene ucciso in un vicolo.

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©2016 Il cast di The Man in the High Castle al San Diego Comic-Con Cr: Teresa Soldani

E poi c'è Joe Blake il quale compie la sua missione consegnando il film all'Obergruppenführer John Smith, a discapito della vita dell'equipaggio che lo ha portato verso la salvezza, un ennesimo evento che gli fa decidere di affrontare il suo superiore per dirgli di volersi dimettere, dicendogli di non voler essere "quel genere d'uomo", un'affermazione che potrebbe essere ritenuta insieme pericolosa e liberatoria, perché - sebbene il personaggio abbia mostrato già dei segni di cedimento nella prima stagione - in realtà ha fatto anche di tutto per portare a termine la missione affidatagli dal Reich. Non vanno inoltre dimenticate le sue origini, figlio del Reichsminister Martin Heusmann, interpretato da Sebastian Roche, un esponente di spicco del Reich, che vedremo più avanti nella stagione e di Elsa Blake, Joe scoprirà delle sorprendenti verità sulla sua nascita che lo legheranno insesorabilmente al suo destino, apparentemente scritto, di membro dell'impero nazista.

"Non voglio essere quel genere d'uomo"

La fotografia e la direzione di questo première non si discostano visualmente da quanto visto nella prima stagione con un imperante grigiore e celi plumbei che incombono su protagonisti e spettatori e sarebbe inutile non ammettere che l'attuale clima politico che ovviamente prescinde dal controllo degli autori, non dia un valore aggiunto alla visione di questo episodio e di tutta la stagione. Se infatti l'anno scorso gli spettatori guardavano un serie che sembrava anni luce dalla nostra realtà, oggi lo spirito è ben diverso ed in molti ci si domanda legittimamente se quello che stiamo vivendo sia poi così lontano dalla realtà descritta da The Man in the High Castle. Dopotutto, come dicono i più insigni studiosi, la storia è fatta di corsi e ricorsi, ma se così è, c'è qualcosa che possiamo fare a per evitare tutto questo?

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