The Maiden: la recensione

Il regista Graham Foy firma con The Maiden un'opera prima convincente che rappresenta in modo affascinante la solitudine degli adolescenti

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Il regista canadese Graham Foy firma con The Maiden , presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2022 nel programma delle Giornate degli autori, il suo primo lungometraggio, dimostrando una convincente capacità di gestire i propri attori e una grande sicurezza dietro la macchina da presa.

Il racconto portato sul grande schermo affronta in modo originale tematiche esplorate molte volte sul grande e piccolo schermo: i problemi degli adolescenti, la vita in una piccola comunità di provincia, e il senso di solitudine e isolamento che si può provare durante il passaggio verso l'età adulta. Elementi, quelli al centro della trama, che assumono delle sfumature oniriche e misteriose mantenendo l'attenzione degli spettatori fino a un emozionante epilogo.

La trama di The Maiden

Al centro della storia proposta da The Maiden ci sono gli amici Kyle (Jackson Sluiter) e Colton (Marcel T. Jimenez), uno accanto all'altro fin da quando erano bambini, che trascorrono le loro giornate muovendosi per la città a bordo del loro skateboard, lasciando graffiti sulle mura e immergendosi nella natura, apparentemente alla ricerca di uno scopo per il loro peregrinare. Una svolta drammatica porterà poi Colton ad affrontare la vita da solo e ad avvicinarsi, tramite un diario, a Whitney (Hayley Ness), una ragazza tendente all'ansia e che non riesce a integrarsi con gli altri coetanei, entrata in crisi dopo che la sua migliore amica June (Sienna Yee) ha iniziato a frequentare il popolare Tucker (Kaleb Blough).

Un'opera prima dall'atmosfera suggestiva

Graham Foy crea con The Maiden un'atmosfera che fonde realismo ed elementi onirici in egual misura, portando avanti un racconto quasi suddiviso in atti che conduce a un epilogo in grado di emozionare e far riflettere al termine di una rappresentazione realistica e universale delle diverse sfumature della solitudine che possono provare i teenager, mostrati alla ricerca di legami umani e sentimenti che li aiuti ad affrontare le piccole e grandi sfide quotidiane mentre non si hanno ancora le idee chiare su ciò che si vuole essere o sul proprio futuro.

Il trio di giovani protagonisti, nonostante l'inesperienza davanti alla macchina da presa, regalano delle ottime interpretazioni che non risultano mai forzate, apparendo naturali e onesti nella loro performance all'insegna di silenzi e conversazioni dal significato profondo, nonostante la loro semplicità.
L'ottima scelta dei brani musicali utilizzati in alcuni dei momenti chiave del racconto e un montaggio, firmato da Brendan Mills, che unisce i vari segmenti in modo comunque fluido ed efficace, contribuiscono al raggiungimento dell'ottimo livello tecnico e artistico dell'opera.

Un film che riesce a emozionare con naturalezza

La scelta di girare The Maiden in 16mm e l'affascinante fotografia firmata da Kelly Jeffrey, conferiscono al film un'estetica che ben si adatta all'atmosfera della narrazione, vicina alla realtà e al tempo tesso orientata verso una dimensione quasi sovrannaturale che affascina, in particolare grazie alle sequenze ambientate al calar del sole e mentre i personaggi sono immersi nella natura. L'innocenza inconsapevole dei giovani protagonisti, inoltre, contribuisce a rendere il racconto ancora più significativo proponendo poche interazioni con il mondo degli adulti, apparentemente incapaci di entrare realmente in contatto con i propri figli e studenti, nonostante le loro buone intenzioni.

Graham Foy, gestendo con bravura i propri giovani protagonisti e guidando con sicurezza il lavoro dietro la macchina da presa, firma un'opera prima che lo inserisce di diritto nella lista dei filmmaker emergenti da tenere d'occhio nei prossimi anni.

Potete trovare tutte le notizie e le recensioni di Venezia 2022 nel nostro speciale.

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