The Leftovers 3x07 "The Most Powerful Man in the World (and His Identical Twin Brother)": la recensione

The Leftovers a un passo dal finale di serie: rientriamo nella mente di Kevin nel seguito ideale di International Assassin

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Spoiler Alert
La opening di questa settimana di The Leftovers fonde il tema musicale di quella della prima stagione con le immagini della seconda. È suggestivo notare come sia in un caso che nell'altro le note più positive e i toni più solenni finiscono per incastrarsi bene con le immagini. Sono associazioni mentali, semplici schemi che emergono per necessità, ma potremmo immaginare anche qualcosa di più partendo da questo spunto. L'idea che, in ogni caso, il nostro pensiero è pensato per plasmare i segnali del mondo e ricomporli in un disegno ordinato, qualcosa che ci dà sicurezza, che ci tiene inchiodati a una ragione profonda, come se tutti i frammenti del mondo una volta ricomposti raccontassero una storia bellissima. Raccontare cosa succede quando questo non è possibile è il tema centrale di The Leftovers.

It's the end of the world as we know it, and I feel fine

Un altro The End of the World, non quello dei R.E.M. ma quello di Patty Duke, accompagna gli ultimi istanti di The Most Powerful Man in the World (and His Identical Twin Brother), settimo e penultimo episodio della stagione di The Leftovers. Ancora una volta, interpretando l'idea di lungo commiato questa terza stagione ha rappresentato, l'episodio si pone come una parentesi a se stante, blocco necessario per portare a compimento certi discorsi iniziati nelle annate precedenti. Dopo le storie di Nora, di Kevin Sr., di Matt, di Laurie, è il turno di Kevin. Dopo International Assassin, uno degli episodi cardine della serie della HBO, la scrittura torna a quelle atmosfere, a quei suggerimenti visivi e narrativi.

Ed è ancora una volta un gioco di simbolismi che non saremo sempre agili a recepire o a interpretare, ma che indubbiamente colpiscono i sensi più nascosti. Come sempre, il gioco della metafora vale più della semplice sinossi. Per quanto questa possa essere utile, Kevin interpreta un ideale presidente degli Stati Uniti che si trova alle soglie di una decisione difficile, una crisi internazionale che può essere fermata con l'utilizzo delle armi. Tra un convincimento incarnato dal segretario alla difesa, che ha le fattezze di Patti, e un dubbio coltivato fino all'ultimo, Kevin deve scegliere se premere il pulsante della distruzione del mondo, del proprio mondo.

Quella che in passato era apparsa come una dimensione condivisa, una sorta di limbo delle anime che metteva in connessione personaggi dagli Stati Uniti e dall'Australia, viene ricostruita nelle sue fondamenta come la prigione mentale di Kevin. Qui si muore, si vive, si muore e si ritorna a vivere. Patti è il segretario alla difesa perché Kevin vuole che sia così, e così per lo stesso motivo ritornano Meg e Evie. Tutto esiste come suggestione metaforica, il segno di una ricorsività che da un lato impedisce a Kevin di morire, rigettandolo alla vita come un relitto sulla spiaggia, ma al tempo stesso lo imprigiona in un loop nel quale non esiste né gioia né dolore. La vita per Kevin è la fuori, da qualche parte, forse in un discorso sulla morte pronunciato in una vasca da bagno con la donna che ama.

Kevin in questo senso non è il Messia di nessuno, ma in questo paradiso a misura d'uomo può effettivamente diventare Dio. Lui stesso, in conclusione, sarà l'artefice di una sparizione di massa, che poi è tale solo nella sua mente. Il titolo allora, l'uomo più potente del mondo, si riferisce a un'idea di mondo come luogo della mente, in cui chiunque è evidentemente il più potente perché carceriere, ma anche carcerato di se stesso. Il gemello da uccidere, ma anche l'idea di riflesso (proibito perché strumento per guardare dentro di sé) è a quel punto solo l'ultimo dei simbolismi messi in campo da un episodio che in una scena potrebbe ricordare il finale di Fight Club, ma anche riprendere l'attacco visto in The Book of Kevin, o ancora quelle persone deluse che salivano sui tetti per sfuggire a qualcosa, o forse per avvicinarsi a qualcosa.

"Now what?", ci si chiede alla fine. Ora che il presunto Messia ha rifiutato, ora che la fine, o l'inizio, o qualunque cosa fosse non ha avuto risposta, come si può andare avanti? La risposta a questa domanda The Leftovers l'ha già data molte volte. Forse la risentiremo nel prossimo episodio, l'ultimo di questa bella storia.

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